Video Invitational #3 - Video in tutti i sensi

6 aprile - 20 maggio 2006
a cura di Alessandra Poggianti, Milovan Farronato, Elena Bordignon, Marco Tagliafierro

Giona Bernardi a cura di Alessandra Poggianti, 6 - 19 aprile 2006;

Hubert Dobler, a cura di Milovan Farronato, 20 - 26 aprile 2006;

Michael Kutschbach a cura di Milovan Farronato 27 aprile - 3 maggio 2006;

Zimmerfrei a cura di Elena Bordignon 4 - 10 maggio 2006;

Valerio Rocco Orlando a cura di Marco Tagliafierro 11 - 20 maggio 2006.

Video Invitational presenta una serie di eventi sul tema del video: opere che mettono in risalto le diverse sfumature dell'attuale ricerca, i labili confini e le contaminazioni con altre modalità espressive.

Dopo le mostre personali di Hans Op de Beeck, Bjørn Melhus, Tobias Collier, Runa Islam e le presentazioni degli artisti italiani Rossella Biscotti, Rä Di Martino, Andrea Dojmi, Lara Favaretto, Emre Hüner e Gaston Ramirez, il terzo momento del programma, che si svolge dal 6 aprile al 20 maggio, vuole offrire visibilità ad altre possibili ed eventuali declinazioni della ricerca video contemporanea attraverso presentazioni estemporanee di video di autori italiani e stranieri – prevalentemente presentati da un giovane critico italiano. Dopo aver ampiamente documentato le direzioni principali e quindi le interferenze del video con il registro filmico e installativo; dopo aver preso in esame il panorama italiano più significativo; si intende ora ampliare lo spettro e mostrare i momenti in cui la ricerca video si confronta con il mondo patinato della pubblicità attingendo ai codici della moda; quando assume valore documentativo o diviene trasposizione di una performance, senza trascurare le infinite possibilità di animazione digitale. Una suppletiva serie d’appuntamenti tra cui scegliere e altrettante mostre personali della durata di una settimana.

Giona Bernardi, Key, 2006

Key è il nuovo lavoro video di Giona Bernardi, realizzato con la collaborazione di Ivan Berdondini. Un loop di pochi minuti in cui una chiave ruota initerrottamente. E’ quella che viene scaraventata dal personaggio disegnato da Andrea Pazienza in una delle ultime scene di “Pompeo”. Nel video la stessa chiave è messa sotto la lente di ingrandimento e compie un movimento rotatorio silenzioso, che nega ogni forma di narratività. Un contocircuito temporale e spaziale che sospende l’azione e crea altri codici della rappresentazione. Una quarta dimensione che suggerisce gli spazi infiniti delle galassie e più precisamente, come afferma l’artista, di Andromeda, l’oggetto celeste più lontano visibile ad occhio nudo.

Video Invitational #3 - Video in tutti i sensi

6 aprile - 20 maggio 2006
a cura di Alessandra Poggianti, Milovan Farronato, Elena Bordignon, Marco Tagliafierro

Giona Bernardi a cura di Alessandra Poggianti, 6 - 19 aprile 2006;

Hubert Dobler, a cura di Milovan Farronato, 20 - 26 aprile 2006;

Michael Kutschbach a cura di Milovan Farronato 27 aprile - 3 maggio 2006;

Zimmerfrei a cura di Elena Bordignon 4 - 10 maggio 2006;

Valerio Rocco Orlando a cura di Marco Tagliafierro 11 - 20 maggio 2006.

Video Invitational presenta una serie di eventi sul tema del video: opere che mettono in risalto le diverse sfumature dell'attuale ricerca, i labili confini e le contaminazioni con altre modalità espressive.

Dopo le mostre personali di Hans Op de Beeck, Bjørn Melhus, Tobias Collier, Runa Islam e le presentazioni degli artisti italiani Rossella Biscotti, Rä Di Martino, Andrea Dojmi, Lara Favaretto, Emre Hüner e Gaston Ramirez, il terzo momento del programma, che si svolge dal 6 aprile al 20 maggio, vuole offrire visibilità ad altre possibili ed eventuali declinazioni della ricerca video contemporanea attraverso presentazioni estemporanee di video di autori italiani e stranieri – prevalentemente presentati da un giovane critico italiano. Dopo aver ampiamente documentato le direzioni principali e quindi le interferenze del video con il registro filmico e installativo; dopo aver preso in esame il panorama italiano più significativo; si intende ora ampliare lo spettro e mostrare i momenti in cui la ricerca video si confronta con il mondo patinato della pubblicità attingendo ai codici della moda; quando assume valore documentativo o diviene trasposizione di una performance, senza trascurare le infinite possibilità di animazione digitale. Una suppletiva serie d’appuntamenti tra cui scegliere e altrettante mostre personali della durata di una settimana.

Hubert Dobler, Bull, 2005

Un’azione che entra in loop, un’immagine tutt’altro che statica in cui una moto da cross viene bloccata attraverso tiranti elastici al soffitto di uno spazio industriale dismesso. Appare un cavallo imbizzarrito che vuole faticosamente liberarsi dalla propria prigionia. Tanto più violente sono le accellerate che si autogenerano e i conseguenti tentativi di fuga, tanto più fallimentari le inesorabili ricadute sui propri passi. È di scena il faticoso tentativo di uscire dalla propria pelle.

Michael Kutschbach, uschi & irvin make merry masquerades, 2005

Alla base delle animazioni digitali di Michael Kutschback sono paesaggi impossibili, ibridazioni di forme che si autogenerano e moltiplicano. Di sapore kitsch e fascinazione cromatica queste forme, prevalentemente sferiche, sembrano consumarsi in una rotazione senza destino, in una danza, in un corteggiamento che le conduce alla dissoluzione. Si tratta di una nuova seduttiva cosmologia digitale animata da repentine accelerazioni, momenti in slow motion e andamenti elicoidali.

Michael Kutschbach, uschi & irvin make merry masquerades, 2005

Alla base delle animazioni digitali di Michael Kutschback sono paesaggi impossibili, ibridazioni di forme che si autogenerano e moltiplicano. Di sapore kitsch e fascinazione cromatica queste forme, prevalentemente sferiche, sembrano consumarsi in una rotazione senza destino, in una danza, in un corteggiamento che le conduce alla dissoluzione. Si tratta di una nuova seduttiva cosmologia digitale animata da repentine accelerazioni, momenti in slow motion e andamenti elicoidali.

Zimmerfrei, Panorama_Bologna, 2005

 

“Il presente è quasi immateriale, si presenta leggerissimo e maneggevole. Allora prendiamolo e spostiamolo, riempiamo un luogo di tutti i presenti che ci vengono in mente.” ZimmerFrei

Condensare in un punto nevralgico di una città, in questo caso la piazza Maggiore di Bologna, presente, futuro e passato. Ma anche l’alba con i suoi silenzi, il mattino con i suoi rumori, d’apprima timidi e distinguibili ma che poi si accavallano gli uni con gli altri fino a diventare indistinti. Poi il pomeriggio che aspetta la sera. E la notte di nuovo con i suoi silenzi, rumori e luci. Panorama dunque, o paesaggio sincopato di umori e ritmi che trascendono un luogo per farlo diventare uno spazio mentale in cui inghiottire la somma dei gesti e dei suoni di persone rese archetipi di un genere umano universale.

Panorama_Bologna è un ritratto di città realizzato nell’arco di 24 ore. Il tempo è stato registrato attraverso una videocamera che gira come un orologio su un perno fisso, lungo un set circolare che ruota senza sosta alla velocità della lancetta dei minuti, coinvolgendo tutto il visibile e tutti quelli che si trovavano a passare in quello snodo della città. Il girato è stato poi velocizzato per 20 volte, ottenendo un intero giorno solare compresso in un video di 30 minuti.

Zimmerfrei, Panorama_Bologna, 2005

 

“Il presente è quasi immateriale, si presenta leggerissimo e maneggevole. Allora prendiamolo e spostiamolo, riempiamo un luogo di tutti i presenti che ci vengono in mente.” ZimmerFrei

Condensare in un punto nevralgico di una città, in questo caso la piazza Maggiore di Bologna, presente, futuro e passato. Ma anche l’alba con i suoi silenzi, il mattino con i suoi rumori, d’apprima timidi e distinguibili ma che poi si accavallano gli uni con gli altri fino a diventare indistinti. Poi il pomeriggio che aspetta la sera. E la notte di nuovo con i suoi silenzi, rumori e luci. Panorama dunque, o paesaggio sincopato di umori e ritmi che trascendono un luogo per farlo diventare uno spazio mentale in cui inghiottire la somma dei gesti e dei suoni di persone rese archetipi di un genere umano universale.

Panorama_Bologna è un ritratto di città realizzato nell’arco di 24 ore. Il tempo è stato registrato attraverso una videocamera che gira come un orologio su un perno fisso, lungo un set circolare che ruota senza sosta alla velocità della lancetta dei minuti, coinvolgendo tutto il visibile e tutti quelli che si trovavano a passare in quello snodo della città. Il girato è stato poi velocizzato per 20 volte, ottenendo un intero giorno solare compresso in un video di 30 minuti.

Valerio Rocco Orlando, Amalia, 2006

 

Valerio Rocco Orlando comincia la sua ricerca molto presto, da studente universitario, nel 1999, con una performance da lui stesso pensata, organizzata ed interpretata presso l’aula dove sono soliti incontrarsi gli studenti della facoltà di Lettere all’ Università Cattolica di Milano. Valerio, in quell’occasione, decide di verificare la possibilità di eseguire un autoritratto in divenire, lavorando in tempo reale sulla mimica facciale del suo stesso volto illuminato da una torcia elettrica.

Reduce dallo studio dei trattati di Rudolf Kassner, inventore della Fisiognomica moderna, Valerio si scopre mosso da un assunto di partenza: “ è possibile rivelare i caratteri di un individuo passando per la descrizione del suo volto, a patto che il volto stesso sia rappresentato in evoluzione”.

Dopo una serie di happening ospitati in centri culturali, anche all’estero, che si susseguono per tutto il 2000 e 2001, Valerio realizza una carrellata di scatti fotografici i cui soggetti si manifestano attraverso le tracce lasciate sui letti nei quali hanno dormito. Lo sviluppo della sua riflessione approda alla consapevolezza che il soggetto si determina attraverso il confronto con l’altro.

Così nel 2002 inizia a girare videoritratti, uno all’anno, in piano sequenza, con camera a mano. Usa una strumentazione leggerissima: camera e hard disk esterno più computer portatile per rispondere alla necessità di restare il più fedele possibile all’esigenza di raccontare un particolare momento della vita del soggetto ritratto, una condizione momentanea, quella descritta ma comunque in divenire e che, in quanto tale, necessita di essere rappresentata con il video affinché se ne possa rendere tutta la complessità.

Il volto spesso in primo piano, come nel cinema, diventa la chiave segnica di interpretazione di una particolare condizione dell’essere che l’artista sente di condividere con il soggetto stesso. Una sorta di ermeneutica del volto che spazza via la fisionomica classica  procedendo con una descrizione libera e istintiva di persone o personaggi vicini a Valerio come anima o semplicemente attitudine alla vita. La vicinanza fisica aiuta la reciproca educazione, l’apprendistato di sé stessi avviene per differenze che si affinano al confronto. Così avvenne per “Dobrochna”, realizzato nella primavera del 2005, periodo caratterizzato per Valerio dall’assidua frequentazione di una carissima amica che si trovava a trascorre lunghi periodi in casa in quanto giunta quasi al termine della gravidanza. Valerio prova grande felicità per l’amica ma al contempo si riconosce nell’impossibilità di  provare la stessa esperienza quindi prova a condividere quel momento offrendole un ritratto. Stando vicino ad una persona per molto tempo, si entra in rapporto empatico e se ne percepiscono le più intime emozioni fino al punto da rispecchiarsi in esse, scoprendo lati della propria personalità mai prima considerati, spaventosi o piacevoli che siano. Sembra che Valerio scelga i suoi soggetti guidato da un sesto senso che gli consente di avvertire le affinità elettive. Con “Amalia”, del 2006, Valerio sembra essersi spinto a considerare dimensioni intime della sua stessa  personalità, attraverso l’analisi del volto e delle movenze del soggetto ritratto.

L’esame attento di ogni segno contraddistinguente l’identità del soggetto da ritrarre è la dimostrazione di quanto scrupolosa sia la concezione metonimica del volto come specchio dell’anima che Valerio applica come metodo e che in ultima analisi non può prescindere dalla chiara consapevolezza della complessità di un individuo che diventa soggetto in quanto diviso al suo interno prima ancora che dagli altri. A prova di questa coscienza l’artista ha scelto per ViaFarini, in accordo con il curatore, di proporre due lavori profondamente diversi, uno caratterizzato da una compostezza quattrocentesca e l’altro da un turbamento tardo manierista, ma che trovandosi uno di fronte all’altro finiscono per rivelare analogie insospettabili.