Daniel Gonzalez - Clothes Project, Sono incazzato nero e tutto questo non lo voglio più

22 settembre - 7 ottobre 2006
a cura di Andrea Lissoni

Perché Daniel Gonzalez è incazzato nero? Lo saremo forse anche noi dopo la sua performance? Ma, soprattutto, chi diavolo è Daniel Gonzalez? Cresciuto in un cinema di Buenos Aires cibandosi di b-movies italiani e pizze notturne a cura del nonno proiezionista, D.G. nei primi anni ’80 (ai tempi del regime), studia da chimico. Ma non ce la fa a trattenersi. E così, come fashion designer, fonda Pisquit Sunwear, linea ad edizione limitata con tre negozi fra Buenos Aires e Mar de la Plata e un'indimenticabile sfilata di transessuali in cementificio. Questo senza smettere di fare surf, andare a scuola in jeep Willys, giocare a tennis da professionista, occuparsi dello styling dei Sumo - leggendaria band punk-reggae argentina - e divorare Nesquik. E' poi la nave da crociera Eugenia C. che, sbarcandolo a Genova, lo porta a proseguire il suo lavoro di stilista in Italia, organizzare performance e baccanali al Gilda di Roma in pieni tempi d’oro, stabilire il suo studio a Roseto Capospulico in Calabria e meditare come non smettere mai di dinamitare i clichè biografici dell’artista visivo. I suoi, evidentemente. Decidendo di ricomparire quindi presto come Crossoutproject a Berlino, funambolico promoter di feste, di eventi e di visual in club punk. Nasce però nel frattempo anche Clothes Project e la necessità di far incontrare energie performative al limite, e la sfavillante sensibilità visiva è sempre più forte.

Apparentemente cross cultural jammer inquieto, in realtà semplicemente artista visivo  senza freni, Daniel Gonzalez lavora instancabilmente a nuove collezioni di pezzi unici che presenta attraverso performance radicali ed eccentriche. Sono azioni che squattano per un quarto d’ora le convenzioni sociali, politiche e di potere degli spazi, restituendo loro energia comportamentale e visiva pura.

Certo, detto così forse non si capisce granchè. Possiamo aggiungere che le collezioni nascono ispirandosi direttamente ad un luogo e alle sue tensioni. Che sono frutto di disassemblaggi continui e di misture multiple. Che ogni performance mette in gioco il pubblico attraverso le sollecitazioni più disparate, non ultimi gli stereotipi del sistema della moda e i suoi valori: dalla bellezza alla distanza, dal controllo alla corretta comunicazione. Che tanto quanto i “banner” non sono pubblicità ma in realtà opere, i vestiti non sono moda ma incredibili immagini indossabili.

Che la città e i suoi odori, le sue visioni, il suo delirio, impregnano ogni performance e Daniel Gonzàlez / D.G . Clothes Projects stessi.

Che sono incazzato nero e tutto questo non lo voglio più.
Che, alla fine, finiranno per urlarlo tutti
.

L'invito.

Daniel Gonzalez - Clothes Project, Sono incazzato nero e tutto questo non lo voglio più

22 settembre - 7 ottobre 2006
a cura di Andrea Lissoni

Perché Daniel Gonzalez è incazzato nero? Lo saremo forse anche noi dopo la sua performance? Ma, soprattutto, chi diavolo è Daniel Gonzalez? Cresciuto in un cinema di Buenos Aires cibandosi di b-movies italiani e pizze notturne a cura del nonno proiezionista, D.G. nei primi anni ’80 (ai tempi del regime), studia da chimico. Ma non ce la fa a trattenersi. E così, come fashion designer, fonda Pisquit Sunwear, linea ad edizione limitata con tre negozi fra Buenos Aires e Mar de la Plata e un'indimenticabile sfilata di transessuali in cementificio. Questo senza smettere di fare surf, andare a scuola in jeep Willys, giocare a tennis da professionista, occuparsi dello styling dei Sumo - leggendaria band punk-reggae argentina - e divorare Nesquik. E' poi la nave da crociera Eugenia C. che, sbarcandolo a Genova, lo porta a proseguire il suo lavoro di stilista in Italia, organizzare performance e baccanali al Gilda di Roma in pieni tempi d’oro, stabilire il suo studio a Roseto Capospulico in Calabria e meditare come non smettere mai di dinamitare i clichè biografici dell’artista visivo. I suoi, evidentemente. Decidendo di ricomparire quindi presto come Crossoutproject a Berlino, funambolico promoter di feste, di eventi e di visual in club punk. Nasce però nel frattempo anche Clothes Project e la necessità di far incontrare energie performative al limite, e la sfavillante sensibilità visiva è sempre più forte.

Apparentemente cross cultural jammer inquieto, in realtà semplicemente artista visivo  senza freni, Daniel Gonzalez lavora instancabilmente a nuove collezioni di pezzi unici che presenta attraverso performance radicali ed eccentriche. Sono azioni che squattano per un quarto d’ora le convenzioni sociali, politiche e di potere degli spazi, restituendo loro energia comportamentale e visiva pura.

Certo, detto così forse non si capisce granchè. Possiamo aggiungere che le collezioni nascono ispirandosi direttamente ad un luogo e alle sue tensioni. Che sono frutto di disassemblaggi continui e di misture multiple. Che ogni performance mette in gioco il pubblico attraverso le sollecitazioni più disparate, non ultimi gli stereotipi del sistema della moda e i suoi valori: dalla bellezza alla distanza, dal controllo alla corretta comunicazione. Che tanto quanto i “banner” non sono pubblicità ma in realtà opere, i vestiti non sono moda ma incredibili immagini indossabili.

Che la città e i suoi odori, le sue visioni, il suo delirio, impregnano ogni performance e Daniel Gonzàlez / D.G . Clothes Projects stessi.

Che sono incazzato nero e tutto questo non lo voglio più.
Che, alla fine, finiranno per urlarlo tutti
.

Il retro dell'invito.

La sfilata.

Sfila anche Martina Angelotti.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.

Veduta dell'installazione.