Workshop e progetto espositivo Academy Awards "Homeostasis is not enough"

18 - 23 novembre 2013
coordinato da Simone Frangi e condotto da Giovanna Manzotti, Giulia Mengozzi e Daniele Maffeis

La seconda edizione di Academy Awards ha l'obiettivo di facilitare l’incontro e lo scambio tra undici artisti - selezionati tra gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e NABA Nuova Accademia di Belle Arti - e tre curatori a loro vicini per generazione. Il progetto ha infatti coinvolto due curatori emergenti e un artista (qui in veste di curatore) provenienti dalle tre accademie e ha previsto una fase di workshop propedeutica alla definizione stessa del progetto.

Il termine omeostasi, con le varie sfumature di senso negli specifici ambiti di ricerca, indica generalmente la naturale propensione di un organismo vivente al mantenimento di stabilità e organizzazione delle sue strutture biologiche. In fisica, in particolare, si riferisce a parametri quali la temperatura e l’energia. Rudolf Arnheim, nel suo testo Entropia e Arte (1971) sostiene, riprendendo le parole di C.O. Weber, che l’equilibrio omeostatico consente certo di vivere, ma poco contribuisce a vivere bene. Arnheim aggiunge che, in effetti, l’omeostasi stabilisce un ordine, senza tuttavia indicarne lo scopo.

Per una concezione più adeguata dell’umana natura è necessario tener conto degli scopi della vita, dell’impulso verso la crescita e la stimolazione, degli allettamenti della curiosità e dell’avventura, della gioia di esercitare il corpo e la mente e del desiderio di realizzare e conoscere. R. Arnheim, Entropia e Arte, 1971.

Si potrebbe pensare agli artisti come a recettori sensibili della temperatura contemporanea. Saperla cogliere, inglobare e rielaborare è ciò che permette loro di intervenire in un sistema complesso che si configura come un flusso entropico dal quale emergono immagini, narrazioni e riflessioni da rimettere in circolo. Allora l’omeostasi non solo non basta, ma necessita continue fasi di tensione che portano a un dissolvimento disordinato, all’innesco imprevedibile di una moltitudine di forme non sempre riducibili a una struttura univoca.

Nessuno degli artisti in mostra esercita una pratica monolitica. Ognuno si relaziona, piuttosto, con l’impossibilità di sintetizzare l’elemento di disordine che connota lo statuto contemporaneo dell’immagine. Sia nel risultato finale, che nelle fasi preparatorie, Homeostasis is not enough tenta di sottrarsi a una struttura semplice, seguendo un andamento rizomatico marcato da contingenze inedite. La mostra è l’epilogo aperto del lavoro di un gruppo di pari. Pur provenendo da contesti accademici differenti, i partecipanti hanno inteso porsi come presupposto comune l’abbattimento del convenzionale diaframma tra artisti e curatori, amplificando la dimensione esperienziale propria del processo formativo.

Tornando all’analisi di Arnheim, egli ci ricorda che mai in nessuna cultura, uno stile artistico maturo è stato semplice. Il cervello umano, l’oggetto più complesso del mondo, non può rappresentarsi con una forma o un gesto facilmente esauribili.

Vorremmo consigliarvi di non ricercare nelle opere una rassicurante omeostasi termica, ma di lasciarvi cogliere da una piccola febbre.

Con il patrocinio di Comune di Milano - Assessorato alla Cultura. In collaborazione con Accademia di Belle Arti di Brera, Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e NABA Nuova Accademia di Belle Arti. Si ringrazia Ariella Vidach - AiEP. Con il contributo di Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Fondazione Cariplo e di Gemmo spa.

Workshop e progetto espositivo Academy Awards "Homeostasis is not enough"

18 - 23 novembre 2013
coordinato da Simone Frangi e condotto da Giovanna Manzotti, Giulia Mengozzi e Daniele Maffeis

La seconda edizione di Academy Awards ha l'obiettivo di facilitare l’incontro e lo scambio tra undici artisti - selezionati tra gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e NABA Nuova Accademia di Belle Arti - e tre curatori a loro vicini per generazione. Il progetto ha infatti coinvolto due curatori emergenti e un artista (qui in veste di curatore) provenienti dalle tre accademie e ha previsto una fase di workshop propedeutica alla definizione stessa del progetto.

Il termine omeostasi, con le varie sfumature di senso negli specifici ambiti di ricerca, indica generalmente la naturale propensione di un organismo vivente al mantenimento di stabilità e organizzazione delle sue strutture biologiche. In fisica, in particolare, si riferisce a parametri quali la temperatura e l’energia. Rudolf Arnheim, nel suo testo Entropia e Arte (1971) sostiene, riprendendo le parole di C.O. Weber, che l’equilibrio omeostatico consente certo di vivere, ma poco contribuisce a vivere bene. Arnheim aggiunge che, in effetti, l’omeostasi stabilisce un ordine, senza tuttavia indicarne lo scopo.

Per una concezione più adeguata dell’umana natura è necessario tener conto degli scopi della vita, dell’impulso verso la crescita e la stimolazione, degli allettamenti della curiosità e dell’avventura, della gioia di esercitare il corpo e la mente e del desiderio di realizzare e conoscere. R. Arnheim, Entropia e Arte, 1971.

Si potrebbe pensare agli artisti come a recettori sensibili della temperatura contemporanea. Saperla cogliere, inglobare e rielaborare è ciò che permette loro di intervenire in un sistema complesso che si configura come un flusso entropico dal quale emergono immagini, narrazioni e riflessioni da rimettere in circolo. Allora l’omeostasi non solo non basta, ma necessita continue fasi di tensione che portano a un dissolvimento disordinato, all’innesco imprevedibile di una moltitudine di forme non sempre riducibili a una struttura univoca.

Nessuno degli artisti in mostra esercita una pratica monolitica. Ognuno si relaziona, piuttosto, con l’impossibilità di sintetizzare l’elemento di disordine che connota lo statuto contemporaneo dell’immagine. Sia nel risultato finale, che nelle fasi preparatorie, Homeostasis is not enough tenta di sottrarsi a una struttura semplice, seguendo un andamento rizomatico marcato da contingenze inedite. La mostra è l’epilogo aperto del lavoro di un gruppo di pari. Pur provenendo da contesti accademici differenti, i partecipanti hanno inteso porsi come presupposto comune l’abbattimento del convenzionale diaframma tra artisti e curatori, amplificando la dimensione esperienziale propria del processo formativo.

Tornando all’analisi di Arnheim, egli ci ricorda che mai in nessuna cultura, uno stile artistico maturo è stato semplice. Il cervello umano, l’oggetto più complesso del mondo, non può rappresentarsi con una forma o un gesto facilmente esauribili.

Vorremmo consigliarvi di non ricercare nelle opere una rassicurante omeostasi termica, ma di lasciarvi cogliere da una piccola febbre.

Con il patrocinio di Comune di Milano - Assessorato alla Cultura. In collaborazione con Accademia di Belle Arti di Brera, Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e NABA Nuova Accademia di Belle Arti. Si ringrazia Ariella Vidach - AiEP. Con il contributo di Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Fondazione Cariplo e di Gemmo spa.

Veduta della mostra.
Foto di Davide Tremolada

Foto di Davide Tremolada

Foto di Davide Tremolada

Foto di Davide Tremolada

Veduta della mostra all’Archivio DOCVA.
Foto di Davide Tremolada

Veduta della mostra all’Archivio DOCVA.
Foto di Davide Tremolada

Elena Radice, Dispersion of still life/natura morta (2013-ongoing) – Archivio Viafarini.
Foto di Davide Tremolada

Elena Radice, Dispersion of still life/natura morta (2013-ongoing) – Archivio Viafarini.
Foto di Davide Tremolada