Bookcrossing Zones, Zona #4

5 febbraio 2013
a cura di Simone Frangi, in collaborazione con Vessel

"Not (Yet) a Manifesto nasce grazie alla collaborazione dei partecipanti al primo International Curatorial Workshop, organizzato da Vessel nel 2011. Nella formulazione Not (Yet) a Manifesto, (yet) introduce un cambiamento nell'idea di ciò che un manifesto rappresenta in questo momento in cui la pluralità e la libertà di parola sono esercitate come processo in divenire, e in cui è necessario essere flessibili, mobili e adattabili a contesti e prospettive differenti. Vessel ha inizialmente sperimentato questo formato a Londra nell'evento God Save Curators?, in cui, dopo aver invitato operatori culturali, curatori e ricercatori, ha attivato una discussione partendo da alcune dichiarazioni presenti nel manifesto, per poi chiedere ai partecipanti, virtuali e fisici, di interagire tra loro. Il passo successivo è stato la pubblicazione di questi commenti, ora fissati ora utilizzati come punto di partenza per stimolare ulteriori dibattiti. Proprio recentemente, presso Matadero a Madrid, Vessel ha presentato Not (Yet) a Manifesto, sollecitando immediatamente una discussione informale tra i partecipanti. Nonostante in questa occasione i commenti non siano stati registrati, il dibattito ci ha aiutato a ripensare il manifesto come strumento di lavoro collettivo e a riflettere sulle successive strategie da adottare.

La presentazione della pubblicazione a DOCVA assumerà quindi la forma di un Workshop per curatori e operatori culturali (ore 16-18) seguito da una presentazione pubblica (ore 18.30), che costituirà il nuovo passo di questo processo che mira ad espandere i contenuti del manifesto, facilitando una dimensione dialogica in cui emergano una varietà di posizioni, rispondendo così alla dimensione normalizzante e di consenso propria dei processi decisionali.

Il workshop si concentra sulla nozione di pratica collaborativa: com'è possibile, nel contesto attuale, caratterizzato dall'onnipresenza del sistema capitalista, attivare un approccio critico nei confronti della retorica del consenso, propria delle democrazie neo- liberiste, attraverso i mezzi della produzione culturale collaborativa? E inoltre, in che modo le pratiche curatoriali possono essere lo spazio in cui sperimentare differenti strategie volte a favorire la collaborazione? Cosa significa agire insieme? Per rispondere a queste domande abbiamo utilizzato il formato del manifesto, la cui piattaforma può offrirci uno strumento per incorporare voci e prospettive molteplici. Nonostante tale formato rappresenti una dichiarazione chiusa che unisce singole istanze in nome di una voce collettiva, crediamo che in questo scenario, in cui le strutture di potere sono ubique e stratificate,l'idea del manifesto propriamente detto non sia abbastanza efficace per poter rispondere ai cambiamenti in corso. Per contrastare la retorica del consenso, in cui una voce collettiva nasconde le singolarità e la libera espressione, abbiamo scelto di rimodellare la logica binaria propria del manifesto in favore di una dimensione schizofrenica in cui tutte le istanze possano essere rispettate e incorporate. Consapevoli dei limiti che questo discorso multi-centrico comporta, riteniamo importante evidenziare la necessità di riformulare gli strumenti critici e strategici per dar vita a una pratica più efficace, non solo in termini curatoriali, che restano il nostro campo di investigazione, ma anche in termini generali, ossia nella produzione culturale contemporanea."

Simone Frangi


Copertina volume

Bookcrossing Zones, Zona #4

5 febbraio 2013
a cura di Simone Frangi, in collaborazione con Vessel

"Not (Yet) a Manifesto nasce grazie alla collaborazione dei partecipanti al primo International Curatorial Workshop, organizzato da Vessel nel 2011. Nella formulazione Not (Yet) a Manifesto, (yet) introduce un cambiamento nell'idea di ciò che un manifesto rappresenta in questo momento in cui la pluralità e la libertà di parola sono esercitate come processo in divenire, e in cui è necessario essere flessibili, mobili e adattabili a contesti e prospettive differenti. Vessel ha inizialmente sperimentato questo formato a Londra nell'evento God Save Curators?, in cui, dopo aver invitato operatori culturali, curatori e ricercatori, ha attivato una discussione partendo da alcune dichiarazioni presenti nel manifesto, per poi chiedere ai partecipanti, virtuali e fisici, di interagire tra loro. Il passo successivo è stato la pubblicazione di questi commenti, ora fissati ora utilizzati come punto di partenza per stimolare ulteriori dibattiti. Proprio recentemente, presso Matadero a Madrid, Vessel ha presentato Not (Yet) a Manifesto, sollecitando immediatamente una discussione informale tra i partecipanti. Nonostante in questa occasione i commenti non siano stati registrati, il dibattito ci ha aiutato a ripensare il manifesto come strumento di lavoro collettivo e a riflettere sulle successive strategie da adottare.

La presentazione della pubblicazione a DOCVA assumerà quindi la forma di un Workshop per curatori e operatori culturali (ore 16-18) seguito da una presentazione pubblica (ore 18.30), che costituirà il nuovo passo di questo processo che mira ad espandere i contenuti del manifesto, facilitando una dimensione dialogica in cui emergano una varietà di posizioni, rispondendo così alla dimensione normalizzante e di consenso propria dei processi decisionali.

Il workshop si concentra sulla nozione di pratica collaborativa: com'è possibile, nel contesto attuale, caratterizzato dall'onnipresenza del sistema capitalista, attivare un approccio critico nei confronti della retorica del consenso, propria delle democrazie neo- liberiste, attraverso i mezzi della produzione culturale collaborativa? E inoltre, in che modo le pratiche curatoriali possono essere lo spazio in cui sperimentare differenti strategie volte a favorire la collaborazione? Cosa significa agire insieme? Per rispondere a queste domande abbiamo utilizzato il formato del manifesto, la cui piattaforma può offrirci uno strumento per incorporare voci e prospettive molteplici. Nonostante tale formato rappresenti una dichiarazione chiusa che unisce singole istanze in nome di una voce collettiva, crediamo che in questo scenario, in cui le strutture di potere sono ubique e stratificate,l'idea del manifesto propriamente detto non sia abbastanza efficace per poter rispondere ai cambiamenti in corso. Per contrastare la retorica del consenso, in cui una voce collettiva nasconde le singolarità e la libera espressione, abbiamo scelto di rimodellare la logica binaria propria del manifesto in favore di una dimensione schizofrenica in cui tutte le istanze possano essere rispettate e incorporate. Consapevoli dei limiti che questo discorso multi-centrico comporta, riteniamo importante evidenziare la necessità di riformulare gli strumenti critici e strategici per dar vita a una pratica più efficace, non solo in termini curatoriali, che restano il nostro campo di investigazione, ma anche in termini generali, ossia nella produzione culturale contemporanea."

Simone Frangi