Milovan Farronato

"Hadley with Care!

Una giornata a settimana, sei candidati al giorno (più o meno), nessuna possibilità di scelta riguardo il profilo di chi si presenta, se non la previa visione del suo materiale e un sintetico riscontro inviato a priori per renderlo consapevole del mio primo, immediato feedback. Queste le sintetiche regole del gioco, o la metodologia nelle sue linee essenziali, predisposte alla Visione Portfolio che ho seguito presso l’Archivio di Careof e Viafarini per oltre cinque anni.

La democrazia dell’Archivio, che include, materiali di qualunque artista manifesti desideri e documenti finalità professionali, non mi ha mai permesso di selezionare gli artisti con cui avrei dovuto interagire. Certo, contestualmente, non mi ha neppure precluso di inoltrare inviti nominali a chi, previa visione del materiale inviato, abbia giudicato meritevole di un incontro vis à vis per approfondire, chiarire, comprendere nel dettaglio le motivazioni e il processo del lavoro presentato.
E sul materiale presentato potrebbe aprirsi una digressione a parte. Scientemente si è deciso di non formulare richieste in merito alla quantità e qualità della documentazione da offrire, cartacea e digitale. Non si è inteso orchestrare un protocollo standard in base al quale l’artista che desiderava l’archiviazione del suo portfolio, dovesse presentare prima un curriculum vitae, uno statement, la sequenza cronologica dei lavori realizzati e dei progetti in corso d’opera e, a conclusione, una eventuale rassegna stampa selezionata. Piuttosto si è optato a favore della libertà d’espressione e di auto-presentazione, seguendo le modalità più consone alle specifiche peculiarità individuali, consapevoli tuttavia che, da quel momento in poi, il materiale depositato sarebbe stato offerto al pubblico desco di una audience diversificata per ordine e grado di interesse, fini professionali, capacità critiche di lettura. Galleristi e critici, studenti e aziende in cerca di collaborazioni sarebbero stati alcuni tra i più ricorrenti fruitori del loro porfolio, liberamente consegnato e articolato.

Conseguenza ovvia è il mare magnum di fascicoli rilegati o disposti in dispense. Fogli liberi in una generica busta di plastica. Scatolami vari con all’intero un variegato panorama di souvenir inclusivi di originali di autori, nel tempo affermatisi, o totalmente rimossi alla conoscenza dei più; progetti mai realizzati, desiderata, ipotesi... E molto altro ancora, comprese inaspettate tracce organiche o pseudo tali! Il tutto comunque omologato dallo staff di Viafarini attraverso l’immersione del materiale in quella tipologia così standard, da ufficio anagrafico, di cartelletta in cartoncino leggero, virata nelle tonalità più pallide del verde, blu o giallo, nuance così tenui da renderli testimonianze già storiche bruciati dal sole e dal tempo.

Degli artisti che mi mostravano, pacatamente o in uno stato ansioso, la documentazione del loro lavoro con l’intento di rendermi partecipe delle loro prospettive, dei loro punti di vista, delle loro visioni... ho apprezzato soprattutto i silenzi e la consapevolezza. Mentre quei ricorrenti giri di parole e frasi fatte mi hanno sempre instillato un generico senso di fastidio o potenziale aggressività, sempre comunque repressa. Il giovane artista è un organismo to Handle with Care! Questo mi è stato chiaro fin dall’inizio. E non ho mai inteso che il mio ruolo di consulente ed eventuale motivatore portasse con sé alcuna capacità divinatoria.

Due sono i commenti più ricorrenti che mi è capitato di offrire, e di natura totalmente antitetica. Sarà forse per una forma di bipolarismo personale, o perché in entrambi i casi ho voluto suggerire sperimentazione congiuntamente all’acquisizione di una maggiore consapevolezza poetica. Comunque sia, a chi mi ha mostrato un itinerario troppo concluso per la giovane età e le poche esperienze, ho raccomandato di tentare altre traiettorie, altre possibilità di espressione, altre forme... Convinto che solo dopo un travaglio del genere potesse tornare alla strada pregressa con più raziocinante fermezza o, diversamente, approdare altrove con un equipollente grado
di maturità conquistata. A chi invece mi ha mostrato un dinamismo per così dire frugale, variegato ed eteroclita, ho suggerito di focalizzare, di selezionare i progetti migliori, le intuizioni più acute, e di farle germogliare, di potenziarle, di viverle fino in fondo. Sostanzialmente alla dispersione, ho cercato di opporre concentrazione.

Dalla Visione Porfolio sono nate mostre, collaborazioni dentro e fuori Viafarini. Difficile ora offrire una cronistoria esaustiva; raccontare come e quanto la visione di questi materiali, il loro aggiornamento, e il rapporto spesso continuativo con gli artisti si sia concretizzato in occasioni di confronto e scambio pubblico. Di certo, questa piattaforma di dialogo è stata incubatrice di una serie di mostre: le collettive Thin Line, Re-Enected Painting e Il Raccolto d’autunno è stato abbondante (quest’ultima in collaborazione con Chiara Agnello che, con me, ha condiviso le croci e le delizie della Visione Portfolio).

Nella prima mostra ho preferito isolare e raggruppare una generazione variegata di artisti. Una mostra in quattro tappe con tre protagonisti ciascuna. Nella altre due occasioni ho voluto formare un gruppo di lavoro, una quindicina d’artisti, selezionati ovviamente dall’archivio – una sorta di reality! – e stabilire con loro un rendez-vous settimanale per definire le sinergie e le suggestioni, il concept e le finalità della mostra. Sono stati resi partecipi e artefici della selezione delle opere e della loro articolazione nello spazio. Un confronto che ha avuto momenti di aspra polemica e sconto in Re-Enected, e che invece si è serenamente armonizzato ne Il Raccolto. Un possibile motivo di questo dissimile andamento è forse la maggiore generosità dell’ultimissima generazione di artisti italiani che hanno superato astiosità e polemiche generiche spesso inutili, o comunque invalidanti un sano confronto.

E alle collettive si sono susseguite anche le personali, come quelle di Nico Vascellari, Sergio Breviario e Giulio Frigo. Ma, se dovessi trattenere un’unica immagine come memoria di questa frenetica attività, sceglierei Enza Galantini, una delle molte artiste che ho incontrato e con la quale è nato una sorta di inconsapevole protocollo semestrale di aggiornamenti. Enza richiede l’appuntamento, deve aspettare un po’ perché precedenza viene accordata a chi è alla prima richiesta d’incontro. Indi mi mostra i nuovi progetti, aspetta il mio feedback e se ne va, talvolta dubbiosa, altre volte più serena. A proposito è da un po’ che non ho sue notizie..."

Milovan Farronato, curatore dell’Archivio dal 2005 al 2012, per Souvenir d'Italie - a nonprofit Art Story, 2010

© Roberto Cuoghi

Milovan Farronato


"Hadley with Care!

Una giornata a settimana, sei candidati al giorno (più o meno), nessuna possibilità di scelta riguardo il profilo di chi si presenta, se non la previa visione del suo materiale e un sintetico riscontro inviato a priori per renderlo consapevole del mio primo, immediato feedback. Queste le sintetiche regole del gioco, o la metodologia nelle sue linee essenziali, predisposte alla Visione Portfolio che ho seguito presso l’Archivio di Careof e Viafarini per oltre cinque anni.

La democrazia dell’Archivio, che include, materiali di qualunque artista manifesti desideri e documenti finalità professionali, non mi ha mai permesso di selezionare gli artisti con cui avrei dovuto interagire. Certo, contestualmente, non mi ha neppure precluso di inoltrare inviti nominali a chi, previa visione del materiale inviato, abbia giudicato meritevole di un incontro vis à vis per approfondire, chiarire, comprendere nel dettaglio le motivazioni e il processo del lavoro presentato.
E sul materiale presentato potrebbe aprirsi una digressione a parte. Scientemente si è deciso di non formulare richieste in merito alla quantità e qualità della documentazione da offrire, cartacea e digitale. Non si è inteso orchestrare un protocollo standard in base al quale l’artista che desiderava l’archiviazione del suo portfolio, dovesse presentare prima un curriculum vitae, uno statement, la sequenza cronologica dei lavori realizzati e dei progetti in corso d’opera e, a conclusione, una eventuale rassegna stampa selezionata. Piuttosto si è optato a favore della libertà d’espressione e di auto-presentazione, seguendo le modalità più consone alle specifiche peculiarità individuali, consapevoli tuttavia che, da quel momento in poi, il materiale depositato sarebbe stato offerto al pubblico desco di una audience diversificata per ordine e grado di interesse, fini professionali, capacità critiche di lettura. Galleristi e critici, studenti e aziende in cerca di collaborazioni sarebbero stati alcuni tra i più ricorrenti fruitori del loro porfolio, liberamente consegnato e articolato.

Conseguenza ovvia è il mare magnum di fascicoli rilegati o disposti in dispense. Fogli liberi in una generica busta di plastica. Scatolami vari con all’intero un variegato panorama di souvenir inclusivi di originali di autori, nel tempo affermatisi, o totalmente rimossi alla conoscenza dei più; progetti mai realizzati, desiderata, ipotesi... E molto altro ancora, comprese inaspettate tracce organiche o pseudo tali! Il tutto comunque omologato dallo staff di Viafarini attraverso l’immersione del materiale in quella tipologia così standard, da ufficio anagrafico, di cartelletta in cartoncino leggero, virata nelle tonalità più pallide del verde, blu o giallo, nuance così tenui da renderli testimonianze già storiche bruciati dal sole e dal tempo.

Degli artisti che mi mostravano, pacatamente o in uno stato ansioso, la documentazione del loro lavoro con l’intento di rendermi partecipe delle loro prospettive, dei loro punti di vista, delle loro visioni... ho apprezzato soprattutto i silenzi e la consapevolezza. Mentre quei ricorrenti giri di parole e frasi fatte mi hanno sempre instillato un generico senso di fastidio o potenziale aggressività, sempre comunque repressa. Il giovane artista è un organismo to Handle with Care! Questo mi è stato chiaro fin dall’inizio. E non ho mai inteso che il mio ruolo di consulente ed eventuale motivatore portasse con sé alcuna capacità divinatoria.

Due sono i commenti più ricorrenti che mi è capitato di offrire, e di natura totalmente antitetica. Sarà forse per una forma di bipolarismo personale, o perché in entrambi i casi ho voluto suggerire sperimentazione congiuntamente all’acquisizione di una maggiore consapevolezza poetica. Comunque sia, a chi mi ha mostrato un itinerario troppo concluso per la giovane età e le poche esperienze, ho raccomandato di tentare altre traiettorie, altre possibilità di espressione, altre forme... Convinto che solo dopo un travaglio del genere potesse tornare alla strada pregressa con più raziocinante fermezza o, diversamente, approdare altrove con un equipollente grado
di maturità conquistata. A chi invece mi ha mostrato un dinamismo per così dire frugale, variegato ed eteroclita, ho suggerito di focalizzare, di selezionare i progetti migliori, le intuizioni più acute, e di farle germogliare, di potenziarle, di viverle fino in fondo. Sostanzialmente alla dispersione, ho cercato di opporre concentrazione.

Dalla Visione Porfolio sono nate mostre, collaborazioni dentro e fuori Viafarini. Difficile ora offrire una cronistoria esaustiva; raccontare come e quanto la visione di questi materiali, il loro aggiornamento, e il rapporto spesso continuativo con gli artisti si sia concretizzato in occasioni di confronto e scambio pubblico. Di certo, questa piattaforma di dialogo è stata incubatrice di una serie di mostre: le collettive Thin Line, Re-Enected Painting e Il Raccolto d’autunno è stato abbondante (quest’ultima in collaborazione con Chiara Agnello che, con me, ha condiviso le croci e le delizie della Visione Portfolio).

Nella prima mostra ho preferito isolare e raggruppare una generazione variegata di artisti. Una mostra in quattro tappe con tre protagonisti ciascuna. Nella altre due occasioni ho voluto formare un gruppo di lavoro, una quindicina d’artisti, selezionati ovviamente dall’archivio – una sorta di reality! – e stabilire con loro un rendez-vous settimanale per definire le sinergie e le suggestioni, il concept e le finalità della mostra. Sono stati resi partecipi e artefici della selezione delle opere e della loro articolazione nello spazio. Un confronto che ha avuto momenti di aspra polemica e sconto in Re-Enected, e che invece si è serenamente armonizzato ne Il Raccolto. Un possibile motivo di questo dissimile andamento è forse la maggiore generosità dell’ultimissima generazione di artisti italiani che hanno superato astiosità e polemiche generiche spesso inutili, o comunque invalidanti un sano confronto.

E alle collettive si sono susseguite anche le personali, come quelle di Nico Vascellari, Sergio Breviario e Giulio Frigo. Ma, se dovessi trattenere un’unica immagine come memoria di questa frenetica attività, sceglierei Enza Galantini, una delle molte artiste che ho incontrato e con la quale è nato una sorta di inconsapevole protocollo semestrale di aggiornamenti. Enza richiede l’appuntamento, deve aspettare un po’ perché precedenza viene accordata a chi è alla prima richiesta d’incontro. Indi mi mostra i nuovi progetti, aspetta il mio feedback e se ne va, talvolta dubbiosa, altre volte più serena. A proposito è da un po’ che non ho sue notizie..."

Milovan Farronato, curatore dell’Archivio dal 2005 al 2012, per Souvenir d'Italie - a nonprofit Art Story, 2010