Adelita Husni-Bey, La montagna verde

14 settembre - 29 ottobre 2011
a cura di Gabi Scardi


Viafarini presenta la mostra La Montagna Verde. (Dove? Nel Deserto. Per Dove? Verso il nulla) di Adelita Husni-Bey. Il lavoro di Adelita Husni-Bey riguarda la relazione tra dimensione individuale e collettiva, tra sentimento di singolarità e sentire condiviso in rapporto ai luoghi e alla storia.

 

Ad ispirare questa sua nuova mostra è un luogo che l’artista conosce da sempre, il Jebel Al Akhdar, o Montagna Verde: un luogo in cui, più che altrove, la dimensione spaziale si stratifica e si carica di connotazioni diverse: autobiografiche, perché il Jebel è stato scenario di momenti familiari per le generazioni di persone cresciute in Libia; e storiche, perché l'altopiano è stato teatro di guerriglia e di resistenza in diversi, cruciali momenti: è lì che la storia del paese si è fatta e ancora oggi si fa.

 

Punto di incontro tra vicende individuali e storia collettiva, il paesaggio del Jebel Al Akhdar risulta così essere un’area dalle forti potenzialità narrative. Adelita Husni-Bey, che con la Montagna Verde intrattiene una relazione tanto sentimentale quanto conoscitiva, conferisce evidenza sensibile a questa sua caratteristica attraverso un'installazione unitaria imbastita di oggetti, immagini, voci e testi. In questo modo implicitamente allude al ruolo fondamentale che la memoria ricopre nell’dentità dei luoghi, ma anche alla complessità del concetto di autobiografia, apparentemente basata su ricordi personali, in realtà costrutto a posteriori.

 

La mostra dà spazio alle diverse dimensioni del luogo: dalle rappresentazioni istituzionalizzate alle proiezioni collettive, dalle immagini di chi, visitandolo, l’ha percepito come straordinariamente esotico, alle memorie private di chi l'ha vissuto da bambino, a quelle di coloro che, il Jebel, lo hanno vissuto o lo vivono oggi da combattenti. Di queste geografie parallele, nessuna è univoca: nella testimonianza del combattente che descrive le specificità del territorio risuona l’esperienza vissuta; nella mappa della Homeland Security, ad essere evidenziati, prima ancora che gli epicentri strategici dell’area, sono i siti archeologici ed il loro stato di conservazione; un backgammon intarsiato, con le sue pedine di legno su campi avversi, è il passatempo di una giornata in gita, ma anche una metafora della sfida e dei confini da conquistare. Tra i cespugli si può giocare o combattere. Le grandi, oscure caverne, che l’artista disegna come se fossero viste dall’interno e dall’esterno al contempo, sono quelle in cui i bimbi si nascondono, in cui le coppie si appartano, in cui i guerriglieri si rifugiarono un tempo per sottrarsi alle forze colonizzatrici e si rifugiano oggi per sfuggire a quelle governative. Ma quelle immagini evocano pure le profondità psicologiche che possono fagocitare i nostri ricordi, dalle quali il passato può a tratti riemergere.

 

Nell’installazione, che comprende interviste, oggetti trovati o appositamente creati, voci, disegni, video, fotografie, mappe ed elementi plastici di diversa natura, Husni-Bey sonda dunque le tracce, talvolta invisibili, ma comunque indelebili, di cui il paesaggio risulta portatore; e fa emergere la relazione profonda che ogni luogo intrattiene con la memoria; sonda i modi in cui i minuti, specifici eventi afferenti alla dimensione biografica individuale entrano in risonanza con i grandi eventi dal passato e del presente. Dà forma a una dimensione temporale molteplice, conferendo così una rappresentazione sensibile alla dialettica tra Storia, storie e memorie.

 

Facendo riferimento a questa altura verdeggiante, depositaria delle memorie di molte generazioni e fulcro della storia del paese, l’artista parla dell’unicità dello sguardo con cui ci guardiamo intorno e crea una mappa poetica, sensibile, metaforica, in cui tempo e spazio, storia e geografia si fondono in una sedimentazione unica e per questo paradigmatica.

 

Si ringrazia Laveronica arte contemporanea e lo Studio Yasmin Naqvi, Rosanna e Carlo Vigano' per la produzione. L’artista ringrazia particolarmente Adel Husni-Bey, Daniele Vitale e Paola Cofano per l’incredibile aiuto in fase di ricerca.

 

Con il contributo di Fondazione Cariplo e Gemmo spa.

Biennale Arte 2017 - Viva Arte Viva, "Adelita Husni-Bey
L'arte per immaginare alternative sociali", Rai


Veduta dell'installazione

Adelita Husni-Bey, La montagna verde

14 settembre - 29 ottobre 2011
a cura di Gabi Scardi


Viafarini presenta la mostra La Montagna Verde. (Dove? Nel Deserto. Per Dove? Verso il nulla) di Adelita Husni-Bey. Il lavoro di Adelita Husni-Bey riguarda la relazione tra dimensione individuale e collettiva, tra sentimento di singolarità e sentire condiviso in rapporto ai luoghi e alla storia.

 

Ad ispirare questa sua nuova mostra è un luogo che l’artista conosce da sempre, il Jebel Al Akhdar, o Montagna Verde: un luogo in cui, più che altrove, la dimensione spaziale si stratifica e si carica di connotazioni diverse: autobiografiche, perché il Jebel è stato scenario di momenti familiari per le generazioni di persone cresciute in Libia; e storiche, perché l'altopiano è stato teatro di guerriglia e di resistenza in diversi, cruciali momenti: è lì che la storia del paese si è fatta e ancora oggi si fa.

 

Punto di incontro tra vicende individuali e storia collettiva, il paesaggio del Jebel Al Akhdar risulta così essere un’area dalle forti potenzialità narrative. Adelita Husni-Bey, che con la Montagna Verde intrattiene una relazione tanto sentimentale quanto conoscitiva, conferisce evidenza sensibile a questa sua caratteristica attraverso un'installazione unitaria imbastita di oggetti, immagini, voci e testi. In questo modo implicitamente allude al ruolo fondamentale che la memoria ricopre nell’dentità dei luoghi, ma anche alla complessità del concetto di autobiografia, apparentemente basata su ricordi personali, in realtà costrutto a posteriori.

 

La mostra dà spazio alle diverse dimensioni del luogo: dalle rappresentazioni istituzionalizzate alle proiezioni collettive, dalle immagini di chi, visitandolo, l’ha percepito come straordinariamente esotico, alle memorie private di chi l'ha vissuto da bambino, a quelle di coloro che, il Jebel, lo hanno vissuto o lo vivono oggi da combattenti. Di queste geografie parallele, nessuna è univoca: nella testimonianza del combattente che descrive le specificità del territorio risuona l’esperienza vissuta; nella mappa della Homeland Security, ad essere evidenziati, prima ancora che gli epicentri strategici dell’area, sono i siti archeologici ed il loro stato di conservazione; un backgammon intarsiato, con le sue pedine di legno su campi avversi, è il passatempo di una giornata in gita, ma anche una metafora della sfida e dei confini da conquistare. Tra i cespugli si può giocare o combattere. Le grandi, oscure caverne, che l’artista disegna come se fossero viste dall’interno e dall’esterno al contempo, sono quelle in cui i bimbi si nascondono, in cui le coppie si appartano, in cui i guerriglieri si rifugiarono un tempo per sottrarsi alle forze colonizzatrici e si rifugiano oggi per sfuggire a quelle governative. Ma quelle immagini evocano pure le profondità psicologiche che possono fagocitare i nostri ricordi, dalle quali il passato può a tratti riemergere.

 

Nell’installazione, che comprende interviste, oggetti trovati o appositamente creati, voci, disegni, video, fotografie, mappe ed elementi plastici di diversa natura, Husni-Bey sonda dunque le tracce, talvolta invisibili, ma comunque indelebili, di cui il paesaggio risulta portatore; e fa emergere la relazione profonda che ogni luogo intrattiene con la memoria; sonda i modi in cui i minuti, specifici eventi afferenti alla dimensione biografica individuale entrano in risonanza con i grandi eventi dal passato e del presente. Dà forma a una dimensione temporale molteplice, conferendo così una rappresentazione sensibile alla dialettica tra Storia, storie e memorie.

 

Facendo riferimento a questa altura verdeggiante, depositaria delle memorie di molte generazioni e fulcro della storia del paese, l’artista parla dell’unicità dello sguardo con cui ci guardiamo intorno e crea una mappa poetica, sensibile, metaforica, in cui tempo e spazio, storia e geografia si fondono in una sedimentazione unica e per questo paradigmatica.

 

Si ringrazia Laveronica arte contemporanea e lo Studio Yasmin Naqvi, Rosanna e Carlo Vigano' per la produzione. L’artista ringrazia particolarmente Adel Husni-Bey, Daniele Vitale e Paola Cofano per l’incredibile aiuto in fase di ricerca.

 

Con il contributo di Fondazione Cariplo e Gemmo spa.

Biennale Arte 2017 - Viva Arte Viva, "Adelita Husni-Bey
L'arte per immaginare alternative sociali", Rai

Veduta dell'installazione.
Foto di Maria Vastola

Foto di Maria Vastola

Veduta dell'installazione.
Foto di Maria Vastola

Veduta dell'installazione.
Foto di Maria Vastola

Veduta dell'installazione, in primo piano: Mappa (dett.), 2011, stampa su lino grezzo.
Foto di Maria Vastola

Veduta dell'installazione

Veduta dell'installazione.
Foto di Maria Vastola

Veduta dell'installazione

Veduta dell'installazione

Veduta dell'installazione

Veduta dell'installazione

Grotte, 2011
carboncino su carta intelata

Grotte, 2011
carboncino su carta intelata

Gioco, 2011
legno intarsiato, pedine, incisione.
Foto di Maria Vastola

Gioco, 2011
legno intarsiato, pedine, incisione.
Foto di Maria Vastola

Untitled, 2011
fotografie, sasso

Matita e china su carta.
Foto di Maria Vastola

Testo guida

Carboncino e olio su carta

Mappa (dett.), stampa su lino grezzo.
Foto di Maria Vastola

Matita e china su carta

Mappa (dett.), stampa inkjet su lino grezzo.
Foto di Maria Vastola

Mappa (dett.), stampa inkjet su lino grezzo.
Foto di Maria Vastola

Carboncino su carta preparata

Carboncino su carta preparata

Matita e biro su carta

Matita e biro su carta