Vito Acconci. Arte, architettura e design verso lo spazio pubblico - Un confronto con la situazione della Public Art in Italia nel lavoro di 60 artisti italiani. Conferenza di Vito Acconci 14 aprile

14 aprile - 8 maggio 1999
a cura di Patrizia Brusarosco e Alessandra Pioselli

Con Stefano Arienti, Pasquale Campanella, Annalisa Cattani, Umberto Cavenago, Nada Cingolani, Paola Di Bello, Salvatore Falci, Alberto Garutti, Patrizia Giambi, Dimitris Kozaris, Cesare Pietroiusti, Alessandra Pioselli, Antonio Somaini, Franco Stanghellini, Bert Theis, Adriana Torregrossa, Marco Vaglieri, Luca Vitone, Silvio Wolf.
Conferenza di Vito Acconci 14 aprile.

Public Art in Italia

In mostra vengono inoltre documentate alcune esperienze italiane che rientrano in questo ambito di interesse, selezionate dall’Archivio Care of-Viafarini tramite una ricerca a cura di Alessandra Pioselli e Patrizia Brusarosco, tesa ad individuare i lavori realizzati negli ultimi dieci anni che si sono posti il problema di leggere, ricostruire, indagare, collocarsi o relazionarsi a svariati livelli con il luogo pubblico.
Accanto a lavori che dialogano con luoghi e situazioni specifiche, che portano allo scoperto significati e bisogni di determinati contesti o che investigano il senso di ciò che può essere considerato pubblico, sono stati inoltre documentati lavori che dichiarano un interesse per lo spazio architettonico e per i luoghi dell'abitare, volendo toccare in mostra anche i possibili rapporti tra arte e progettazione di spazi e oggetti.
La selezione dei lavori non vuole essere esaustiva rispetto al panorama artistico italiano e neppure fornire risposte definitive rispetto al problema di cosa significhi e quali questioni sollevi occuparsi di pubblico. Vuole invece essere un problematico punto di partenza per successivi e ulteriori approfondimenti.
Il materiale è stato presentato con un programma multimediale elaborato dagli studenti dell'Accademia di Belle Arti Carrara di Bergamo.

www.undo.net/publicart

Public Art in Italia ha un ulteriore sviluppo in internet: UnDo.Net attiva un forum per approfondire la discussione e coinvolgere nel dibattito la comunità di utenti che frequenta il Network per l'arte contemporanea. Il forum presenterà testi critici e alcuni progetti di Public Art in Italia e verranno segnalati indirizzi internet e pubblicazioni per l'approfondimento del tema. Il forum, a cura di Alessandra Pioselli, è un progetto UnDo.Net in collaborazione con l'Archivio Care of-Viafarini.
Con il patrocinio del Comune di Milano - Settore Giovani

"Io e Angela Vettese andammo a trovare Vito Acconci in studio a Brooklyn mentre erano in viaggio a New York, con Gianni Donati e Marco Infurna. Prendemmo un metro e sbarcammo al tramonto in una zona abbastanza equivoca e mentre Angela si muoveva con una certa apprensione, io non realizzavo bene dove mi trovava. Fummo accolte da Acconci in un loft enorme, e lì si stabilì di fare un workshop sull’arte pubblica a Viafarini.
Il giorno previsto per l’arrivo di Acconci in Italia invece dell’artista arrivò un fax che informava che non era salito sull’aereo perché doveva completare un bando di architettura e sarebbe arrivato il giorno dopo. A Viafarini fu appeso un cartello che informava che il workshop si sarebbe svolto il giorno successivo. Acconci arrivò questa volta puntuale al mattino, entrò direttamente nello spazio e di lì non si mosse più fino a sera. Poi dormì nell’appartamento al primo piano e ripartì il giorno dopo per New York".

Patrizia Brusarosco

"All’epoca Acconci non voleva più saperne degli interventi esistenzialisti stile anni ‘70, con Acconci Studio era impegnato solo in progetto di arte pubblica, anche concorsi di architettura, ed era molto critico rispetto al modo di procedere ancora intimista degli artisti italiani partecipanti al workshop".

Patrizia Brusarosco

"Alessandra Pioselli aveva collaborato con Viafarini in anni precedenti; da tempo era occupata in ricerche sul tema della public art e socially engaged practices - termini e pratiche di origine anglosassone- su territorio italiano. Fu felice di cogliere il mio invito ad analizzare tramite l'Archivio Viafarini cosa stava accadendo in merito in Italia negli anni Novanta".

Patrizia Brusarosco


L’invito

Vito Acconci. Arte, architettura e design verso lo spazio pubblico - Un confronto con la situazione della Public Art in Italia nel lavoro di 60 artisti italiani. Conferenza di Vito Acconci 14 aprile

14 aprile - 8 maggio 1999
a cura di Patrizia Brusarosco e Alessandra Pioselli

Con Stefano Arienti, Pasquale Campanella, Annalisa Cattani, Umberto Cavenago, Nada Cingolani, Paola Di Bello, Salvatore Falci, Alberto Garutti, Patrizia Giambi, Dimitris Kozaris, Cesare Pietroiusti, Alessandra Pioselli, Antonio Somaini, Franco Stanghellini, Bert Theis, Adriana Torregrossa, Marco Vaglieri, Luca Vitone, Silvio Wolf.
Conferenza di Vito Acconci 14 aprile.

Public Art in Italia

In mostra vengono inoltre documentate alcune esperienze italiane che rientrano in questo ambito di interesse, selezionate dall’Archivio Care of-Viafarini tramite una ricerca a cura di Alessandra Pioselli e Patrizia Brusarosco, tesa ad individuare i lavori realizzati negli ultimi dieci anni che si sono posti il problema di leggere, ricostruire, indagare, collocarsi o relazionarsi a svariati livelli con il luogo pubblico.
Accanto a lavori che dialogano con luoghi e situazioni specifiche, che portano allo scoperto significati e bisogni di determinati contesti o che investigano il senso di ciò che può essere considerato pubblico, sono stati inoltre documentati lavori che dichiarano un interesse per lo spazio architettonico e per i luoghi dell'abitare, volendo toccare in mostra anche i possibili rapporti tra arte e progettazione di spazi e oggetti.
La selezione dei lavori non vuole essere esaustiva rispetto al panorama artistico italiano e neppure fornire risposte definitive rispetto al problema di cosa significhi e quali questioni sollevi occuparsi di pubblico. Vuole invece essere un problematico punto di partenza per successivi e ulteriori approfondimenti.
Il materiale è stato presentato con un programma multimediale elaborato dagli studenti dell'Accademia di Belle Arti Carrara di Bergamo.

www.undo.net/publicart

Public Art in Italia ha un ulteriore sviluppo in internet: UnDo.Net attiva un forum per approfondire la discussione e coinvolgere nel dibattito la comunità di utenti che frequenta il Network per l'arte contemporanea. Il forum presenterà testi critici e alcuni progetti di Public Art in Italia e verranno segnalati indirizzi internet e pubblicazioni per l'approfondimento del tema. Il forum, a cura di Alessandra Pioselli, è un progetto UnDo.Net in collaborazione con l'Archivio Care of-Viafarini.
Con il patrocinio del Comune di Milano - Settore Giovani

"Io e Angela Vettese andammo a trovare Vito Acconci in studio a Brooklyn mentre erano in viaggio a New York, con Gianni Donati e Marco Infurna. Prendemmo un metro e sbarcammo al tramonto in una zona abbastanza equivoca e mentre Angela si muoveva con una certa apprensione, io non realizzavo bene dove mi trovava. Fummo accolte da Acconci in un loft enorme, e lì si stabilì di fare un workshop sull’arte pubblica a Viafarini.
Il giorno previsto per l’arrivo di Acconci in Italia invece dell’artista arrivò un fax che informava che non era salito sull’aereo perché doveva completare un bando di architettura e sarebbe arrivato il giorno dopo. A Viafarini fu appeso un cartello che informava che il workshop si sarebbe svolto il giorno successivo. Acconci arrivò questa volta puntuale al mattino, entrò direttamente nello spazio e di lì non si mosse più fino a sera. Poi dormì nell’appartamento al primo piano e ripartì il giorno dopo per New York".

Patrizia Brusarosco

"All’epoca Acconci non voleva più saperne degli interventi esistenzialisti stile anni ‘70, con Acconci Studio era impegnato solo in progetto di arte pubblica, anche concorsi di architettura, ed era molto critico rispetto al modo di procedere ancora intimista degli artisti italiani partecipanti al workshop".

Patrizia Brusarosco

"Alessandra Pioselli aveva collaborato con Viafarini in anni precedenti; da tempo era occupata in ricerche sul tema della public art e socially engaged practices - termini e pratiche di origine anglosassone- su territorio italiano. Fu felice di cogliere il mio invito ad analizzare tramite l'Archivio Viafarini cosa stava accadendo in merito in Italia negli anni Novanta".

Patrizia Brusarosco

L’invito

Vito Acconci, conferenza dell'artista sul tema e il ruolo della Public Art, mercoledì 14 aprile 1999 al mattino

Vito acconci illustra i suoi lavori di arte pubblica

La discussione con gli artisti italiani, mercoledì 14 aprile 1999 al pomeriggio.
In primo piano, Patrizia Brusarosco in attesa del primo figlio, Roberto

UMBERTO CAVENAGO -  RILIEVI , PECCIOLI, 1996

Ho chiesto ad un gruppo di geobiologi di localizzare sul terreno di Montecchio la griglia di Hartman: con appositi strumenti hanno rilevato i nodi radianti della griglia magnetica che copre la superificie terrestre e il cui studio permette di evidenziare quei fenomeni negativi o positivi per la salute dell'uomo. Su una pianta del paese sono stati segnalati i punti esatti dove sono dislocati i nodi. In questi punti ho inserito dei "segnali" di bronzo nella pavimentazione stradale, informando la popolazione locale sul modo di usarli per capire come posizionare riscaldamento, illuminazione e arredamento all'interno della propria abitazione.

ALBERTO GARUTTI -  SENZA TITOLO , PROGETTO PER PIAZZA DELLA LIBERTÀ A BERGAMO, in via di realizzazione, 1999

Progetto vincitore del concorso indetto dall'A.C.E.B. per la realizzazione di un'opera d'arte da collocarsi in Piazza della Libertà a Bergamo.
L'intervento è programmato nell'ambito della sistemazione definitiva della Piazza della Libertà (arch. Bergonzo, anni Trenta) il cui progetto originario già prevedeva l'installazione di otto lampioni laterali lungo il fronte degli edifici della piazza.
La luce è protagonista dell'opera: per mezzo di un sistema elettronico collegato, ogni qualvolta nascerà un bambino negli Ospedali Riuniti di Bergamo essa aumenterà di intensità in maniera graduale con una rampa luminosa sempre più forte che, dopo circa 40 secondi, lentamente decrescerà fino a ritornare alla media costante di illuminazione.
Questo è possibile grazie alla collaborazione del Reparto Maternità: basterà premere un interruttore al momento di ogni nuova nascita e tutta la piazza si illuminerà di rosa o di azzurro.
Le statistiche indicano essere all'incirca 4.000 il numero annuo delle nascite a Bergamo: saranno pertanto una dozzina i segnali luminosi che nelle 24 ore del giorno e della notte indicheranno i lieti eventi.
Inoltre, alla base dei lampioni, sulla decorazione pavimentale già esistente, saranno scolpite scritte che racconteranno il pensiero dell'opera, così da trasformare lo spazio circostante in un "luogo" che siarricchirebbe di un significato di attesa anche quando durante le ore diurne il fenomeno luminoso potrebbe essere meno evidente.
Il testo inciso nella pietra sarà il seguente:
"GLI OTTO LAMPIONI DI QUESTA PIAZZA SONO COLLEGATI CON IL REPARTO MATERNITÀ DEGLI OSPEDALI RIUNITI DI BERGAMO: OGNI VOLTA CHE LE LAMPADE AUMENTANDO DI INTENSITÀ FARANNO PIÙ LUCE, VORRÀ DIRE CHE SARÀ NATO UN BAMBINO.

QUEST'OPERA CHE È SENZA TITOLO, È DEDICATA A LORO, A QUELLI CHE SONO NATI OGGI, IN QUESTA CITTÀ.

BERT THEIS,  LE DITA DELLA MANO,  PARCO FIUMI, VOLTERRA, 1998

1. Progetto
Inserire dieci isolette verniciate di bianco con altrettante palme nel parco Fiumi. Tracciare ogni sera dopo il tramonto un segno bianco nel cielo sopra Volterra. Creare un elemento sonoro legato a questi due elementi.
2. Un dubbio
Una settimana fa il direttore di un museo spagnolo mi ha confidato di non aver mai letto una sola riga di tutti i cataloghi che lui stesso ha fatto pubblicare negli ultimi dieci anni. Supponiamo comunque di avere una lettrice o un lettore che non si siano fatti scoraggiare dalla marea di testi decorativi e inutili che ci sono in giro, che cosa può dare loro un testo? Quale è il rapporto che intercorre tra opera, mostra e testo, è infatti noto che il vero artista non dice mai la verità ( Bert Theis, true artist , progetto P.O. Box, Mamco, Ginevra).
3. Un giorno come gli altri
Lunedì 27 luglio 1998 sull'aereo Francoforte-Firenze leggo le seguenti notizie: in Nuova Guinea la gigantesca onda causata da un maremoto ha ucciso più di 700 persone. In Germania negli ultimi anni sono nate 220 ditte di biotecnologia create da scienziati per ricavare un vantaggio economico dalle scoperte scientifiche. A Nuova Delhi il numero dei casi di colera è in aumento. La macchina per scrivere di Nietzsche misura 23 cm. di altezza e 27 di larghezza. Una macchia di petrolio sulla costa sud del Brasile ha fatto una strage di centinaia di pinguini. In Israele il temuto  hacker  Ehud Tenenbaum lavora adesso per l'esercito e fa pubblicità per una ditta di computer. In Honduras un gruppo di indiani ha distrutto una statua di Cristoforo Colombo. Lo scienziato Lee Silver non vede nessun problema filosofico nel produrre esseri umani senza testa per prelevarne gli organi. Nel mondo arabo i casi di violazione dei diritti umani si moltiplicano. Sulle spiagge italiane i vicini di ombrellone si guardano ma non si parlano. In un testo intitolato Achieving our Country, il filosofo americano Richard Rorty fa l'elogio dell'orgoglio nazionale. Dall'inizio delle ostilità, in febbraio, i morti serbi e albanesi in Kosovo sono 460. A Orange, in Francia, sono state profanate 50 tombe nel cimitero ebraico.
Improvvisamente mi viene in mente la scena finale del film  Underground  di Kusturica, dove i protagonisti si ritrovano tutti insieme su un pezzo di terra che si sta staccando dalla terraferma.
4. Un fax a Florian
Lieber 10 Palmen als 1000 Eichen! (Meglio dieci palme che mille quercie!)
5. Uno scongiuro etrusco
Il secondo giorno sono ritornato da solo a Volterra. Una visita più attenta al Museo Etrusco ha confermato il sospetto venutomi il giorno prima quando ero entrato con Angela, Florian e Marco nel parco Fiumi: la posizione archetipica in questo territorio è quella orizzontale. Non avevo mai visto tante sculture di uomini e donne in posizione di riposo. Il marito, sdraiato con la moglie sull'urna degli sposi, fa con le dita un gesto di scongiuro. Sta scongiurando tutti quelli che ci obbligano ad alzarci?
6.  Onde
Il nostro pianeta produce in continuazione un rumore di fondo: il rumore delle onde dei mari e degli oceani. Le onde marine producono onde sonore che si diffondono per tutta la terra. Il Teremin è uno strumento musicale inventato negli anni Venti nell'Unione Sovietica. Si suona muovendo le mani e le dita in un campo magnetico senza toccare niente. I Beach Boys l'hanno usato per la canzone Good Vibrations.
7.  Una domandaÈ ancora possibile una visione unitaria del mondo o dobbiamo accontentarci di un sapere frammentario, rinunciando a quello sforzo millenario dell'umanità di trovare una teoria unica che spieghi la totalità dell'universo? La genesi dipinta da Bartolo di Fredi sulle pareti della chiesa della collegiata a S. Gimignano illustra uno dei tentativi storici. Allo stato attuale la scienza non ci riesce più. La fisica, per esempio, definisce l'universo con due teorie, la teoria generale della relatività e la meccanica quantistica. Le due teorie si escludono a vicenda. Se la prima è vera, la seconda è sbagliata e viceversa. Possiamo dedurne che la verità in questo momento storico non è più riducibile a un'unica piattaforma, a un grande racconto unico, ma sia costituita piuttosto da una moltitudine di frammenti, di "quark" di verità sparsi qua e là nel paesaggio del pensiero umano come altrettante isolette?
8. Il cielo visto da una cella
"Per dirigere un carcere, bisogna anche essere un artista". Quest'affermazione del Direttore della casa di pena di Volterra merita senz'altro di essere meditata più a lungo. Mi ha colpito la vicinanza di due realtà sociali radicalmente diverse: se da un lato il parco con la sua atmosfera serena di pace e subito accanto la sua antitesi, la fortezza-galera. Il mio desiderio di fare un'opera che legasse queste due situazioni è stato parzialmente ostacolato dal rifiuto del Direttore del carcere di trasformare una guardia armata sulle mura della fortezza in artificiere che sparasse a ogni tramonto un segnale di luce bianco nel cielo sopra Volterra. Una guardia armata che fa un gesto d'arte perderebbe probabilmente la sua funzione di minaccia nei riguardi dei detenuti. Nel carcere l'arte entra solo se non ne cambia minimamente le regole. Ma qual è la funzione dell'arte?
9.  Sotto il regno di Dioneo
"Le piagge delle quali montagnette così digradando giuso verso il pian discendevano, come ne’ teatri veggiamo dalla lor sommità i gradi infino venire successivamente ordinati sempre ristignendo il cerchio loro [...] Quindi, essendo in più luoghi per la piccola valle fatti letti e tutti dal discreto siniscalco di sarge francesce e di capoletti intorniati e chiusi con licenza del re, a cui piacque, si poté andare a dormire; e chi dormir non volle, degli altri loro diletti usati pigliar poteva a suo piacere." (G. Boccaccio,  Il Decameron)
10.  Il quinto giorno
Ritorno da Volterrra a San Gimignano. Ritorno alla chiesa della Collegiata per studiare ancora le storie del Vecchio Testamento di Bartolo di Fredi. Non c'è più ombra di dubbio: nel paradiso l'uomo nasce sdraiato, nudo sotto una palma.

(Bert Theis, in  Arte all'Arte , catalogo mostra, Siena, a cura di Florian Matzner e Angela Vettese, 1998).

ADRIANA TORREGROSSA,  ART. 2 , PIAZZA DEL MERCATO DI PORTA PALAZZO, TORINO, 1999

Per tre anni ho vissuto e lavorato a Casablanca e quest'esperienza è diventata anche il soggetto del mio lavoro. Invitata dal coordinamento a.titolo a realizzare un progetto per Torino, ho ideato Art. 2. Citando l'articolo 2 della Costituzione della Repubblica Italiana - elemento che evidenzia il carattere laico dell'operazione - ho seguito le fasi che hanno portato a trasmettere pubblicamente (secondo la tradizione islamica), sulla piazza del mercato di Porta Palazzo a Torino al tramonto del 17 gennaio 1999, la preghiera della riconciliazione che segna la fine del Ramadan (il mese di digiuno islamico). L'azione ha utilizzato gli strumenti del dialogo e della collaborazione con le persone. In tutte le fasi del progetto, una trattativa che ha coinvolto la sfera religiosa (la Comunità islamica di Torino), politica (l'Assessorato alla Promozione Internazionale della Città di Torino) e pubblica (The Gate, un progetto con finanziamenti della Comunità Europea per la riqualificazione del quartiere), mi sono assunta il ruolo di mediatore per portare a termine una contrattazione che si è svolta da dicembre 1998 a gennaio 1999 attraverso incontri, telefonate, fax e richieste di permesso.
Come "sito" specifico è stata individuata la piazza di Porta Palazzo, simbolo dell'immigrazione a Torino e luogo nel quale numerosi musulmani vivono e lavorano. Il progetto dunque si è svolto in un'area urbana oggi attraversata da presenze che ne modificano strutturalmente la fisionomia. L'azione pubblica è nata anche dalla necessità di ripensare la funzione dell'arte. Un progetto che si allontana volutamente dall'autoreferenzialità dell'ambiente artistico per definire un nuovo rapporto con il contesto sociale e garantendo alla fase di transizione culturale della quale siamo testimoni non una risposta univoca, ma un ampio spettro di problematiche con le quali iniziare inediti percorsi.
Il Ramadan è un momento importante per i fedeli, vissuto nella realtà Occidentale in forma silenziosa e poco visibile. La sua "amplificazione" ha voluto essere un invito a riconoscerne l'esistenza. La scelta di amplificare un momento religioso è un segnale simbolico, semplice nella forma, per evidenziare le distanze e i conflitti tra le culture. Il Ramadan che ritma il passare delle giornate, l'alimentazione e la sessualità, diventa il terreno nel quale si consumano le differenze. Tutto, la vita quotidiana come la politica, passa attraverso questo tramite ed è proprio questo aspetto che mi ha portato, pur conscia delle difficoltà e delle possibili critiche, a orientare la mia operazione in questo e non in altri ambiti culturali.
La problematicità è dunque uno degli elementi strutturali di questa operazione.
Quando domenica 17 gennaio ho dato il via alla diffusione della preghiera concludendo il mio progetto, sulla piazza erano presenti un centinaio di musulmani che hanno ascoltato la registrazione e al termine del rito hanno spontaneamente pregato in un luogo pubblico per la prima volta in Italia. La successione dei tempi ha modificato, anche se di pochi minuti, un rito religioso antico. Inoltre sulla piazza si è radunato anche un piccolo gruppo di donne. Questi dettagli apparentemente irrilevanti ai nostri occhi evidenziano come la convivenza sulla stessa scena di culture e religioni differenti modifichi necessariamente anche una dimensione che a noi pare inflessibile.

LUCA VITONE -  WIDE CITY , MILANO, 1998

C'è una torre a Milano chiamata Velasca intorno alla quale ruota la città. E' alta più di venti piani e s'innalza sulle case attorno come un fungo protettivo. B.B.P.R. l'hanno disegnata dopo la guerra e rimane l'architettura milanese che meglio rappresenta questo secolo.
È così che il progetto ruota intorno ad essa o meglio ad un suo modello che, posto al centro della mostra, distribuiva ciò che vi abita all'interno. E' una cartina di Milano come quelle che si trovano negli uffici turistici della città, come quelle stampate dalla Di Lauro (anche questa lo è), tirata a 23.000 copie e distribuita anch'essa nei suddetti uffici.Ma c'è un elemento che la differenzia dalle altre, non di carattere cartografico, ma informativo: contiene una lista di circa 500 indirizzi di attività straniere operanti a Milano, affiancati dalle coordinate che ne individuano la posizione.
Sono le attività che più o meno ufficialmente si sono sviluppate negli ultimi quindici anni attorno alla torre: consolati, centri culturali, ristoranti, noleggio video, istituti, associazioni, negozi di cosmesi, dischi, alimentari e abbigliamento, sedi di comunità, templi religiosi e take-away. Ognuno, individualmente, secondo i propri interessi e desideri, può intraprendere un proprio percorso e visitare, frequentare e utilizzare tali indirizzi.Ma un altro itinerario, più mirato, è stato organizzato a fine mostra per quattro mercoledì di aprile: un'introduzione all'attività dei diversi centri culturali stranieri a Milano. Arrivati lì, a piedi o con un mezzo pubblico messo a disposizione dell'ATM, un rappresentante ci introduceva sulle loro attività, sui perché, sulle relazioni che con il loro operare intrattengono con la loro e le altre comunità.
Ognuno poteva iscriversi all'itinerario visitando la mostra, dove se ne aveva un assaggio: accompagnati da una colonna sonora registrata nei mercati domenicali extracomunitari e per le vie cittadine, i visitatori trovavano su dei tavoli, centro per centro, le informazioni da loro stampate sulle diverse attività che organizzano per la propria comunità e per gli altri. Volantini, riviste, brochure e libri a disposizione del pubblico. In mezzo a questi, biglietti da visita e informazioni sulle attività commerciali presenti in città.
Al di là dei tavoli attraverso le grosse vetrate che fanno da muri dello spazio espositivo si vedeva il passaggio a volte tranquillo, a volte nevrotico delle persone che attraversano la piazza sottostante, il sagrato del Duomo. Un tableau vivant, un paesaggio urbano in tempo reale, attimi di vita quotidiana osservati attraverso uno schermo trasparente su cui non è proiettato niente e che anzi proietta esso stesso una realtà immediata.*

* (Luca Vitone,  Wide City , catalogo mostra, Progetto Giovani, Milano 1999)

WURMKOS -  TRE,  IN  FIGURE DELL'ANIMA , CASTELLO VISCONTEO, PAVIA E PALAZZO DUCALE, GENOVA, 1998

Wurmkos è un laboratorio di arti visive creato nel 1987 da Pasquale Campanella e dalla cooperativa "Lotta Contro L'Emarginazione" di Sesto San Giovanni. Il laboratorio, a cui partecipano persone con disagi psichici, non ha fini didattici o terapeutici, ma, rifiutando confini precisi tra ciò che è arte e ciò che non lo è, cerca di avviare nelle singole personalità dei partecipanti un processo creativo che favorisca, attraverso le opere, la comunicazione interpersonale. L'obiettivo di Wurmkos è promuovere l'esperienza artistica in rapporto diretto con la società, riconquistando alla creatività e alla malattia uno spazio sociale non marginale.
Tre è un work in progress in cui si è privilegiato l'aspetto della relazione e del coinvolgimento emotivo delle persone con le opere piuttosto che la loro semplice ambientazione nello spazio. Gli artisti avevano progettato oggetti che volevano essere indossati e manipolati da altre persone. Lungo la durata della mostra abbiamo chiesto la collaborazione di tutti coloro che conoscevano o volevano conoscere l'attività di Wurmkos, invitandoli ad "agire" le creazioni degli artisti. Le persone e i gruppi che hanno collaborato, fra loro diversissimi, hanno svolto un ruolo molto attivo: abbiamo discusso e progettato insieme a loro. Questo perché non si voleva un coinvolgimento e una partecipazione indifferenziata: l'obiettivo era quello di instaurare un rapporto con quella data persona e non con un individuo qualsiasi. Si è voluto evitare un atteggiamento molto diffuso oggi nel mondo dell'arte che vede il coinvolgimento assunto a paradigma indifferenziato, strumentale e alla moda.
Tre è caratterizzato da una apertura verso l'alterità, dal desiderio di avere un destino estraneo al soggetto che lo ha concepito, al contesto a cui è legato, allo scopo a cui è immediatamente destinato. L'opera non resta fuori dalla sfera del soggetto, gli appartiene, si orienta e si accosta verso l'altro che è portatore a sua volta di un proprio immaginario.
Vestire il proprio corpo è un modo di conoscere se stesso e di farsi conoscere dagli altri. Indossare è portare elementi che con semplicità dialogano con il nostro corpo e ci pongono responsabilmente in prossimità "con" l'altro. L'opera come abito, l'abito come ricerca di identità, non travestimento, ma dialogo aperto. Rapporto che nasce perché si evita di identificarsi e coincidere con un'immagine precostituita a cui l'identità ricorre per costruirsi e perdurare.

NETWORK PER L’ARTE CONTEMPORANEA, WEB SITE DAL 1996

UnDo.NeT è un progetto d'arte in sé, concepito da Premiata Ditta (Anna Stuart Tovini - Vincenzo Chiarandà), web project
Emanuele Vecchia, web master
Federico Fazzi, web designer

Realizzato in collaborazione con molti professionisti:Tiziana Panizza, Simone Piermaria, Laura Brenna, Elena Conti, Francesco Quercia, Stelio Spadaro, Ivan Ferrari, Adriano Ferrio, Costantino Imbrauglio, Fabio Norata, Antonio Taglia, Renato Sanna, Fabiola Naldi, Luca Gilardini, per la realizzazione di pagine web, applicativi, redazione ecc.

UnDo.Net è il primo e più frequentato network italiano dedicato all'arte contemporanea.
UnDo.NeT è un progetto culturale prima ancora che tecnologico e multimediale.
In UnDo.NeT si trovano tutte le situazioni più propositive, interessanti o affermate del panorama dell'arte contemporanea italiana: associazioni, critici, artisti, musei, gallerie, fondazioni, ecc.

Una comunità molto estesa di persone (oltre 115.000 accessi mensili) segue UnDo.NeT e lo sostiene e questo rende possibili i molti progetti interattivi presenti ed in realizzazione.
Dedicato all'arte contemporanea, UnDo.NeT ha catalizzato operatori e protagonisti italiani, iniziative e potenzialità in modo autonomo ma sinergico.
Servizi, teorie e sperimentazioni artistiche sono riunite in questa sorta di "casa comune" virtuale.

STARTPOINT
Il nome del sito UnDo è legato ai concetti di anticomando, di atto antidefinitivo, di scelta potenziale, di reversibilità. UnDo come contrario di compiuto, concluso e irripetibile.

POSIZIONAMENTO
UnDo è un progetto di artisti.
UnDo è un posto per disseminare cultura mentre questa si sta producendo.
UnDo è un catalizzatore di conoscenze e di informazioni relative all'arte contemporanea e un sistema per passarsele.
UnDo è un modo per collezionare conoscenza sull'arte contemporanea e non opere.
UnDo è un modo per acquisire un "senso" per l'arte contemporanea.
UnDo è un corpo di raccolta di informazioni che continua a crescere.
UnDo è un meccanismo che organizza le informazioni più disparate e invece di suddividerle per opera, genere, individuo, geografia, epoca, si struttura come un organismo in continua evoluzione.
UnDo non è una galleria d'arte, né un saggio critico sull'arte contemporanea, né un museo.
UnDo non mira ad accumulare oggetti d'arte, ma mira a raccogliere le informazioni riferite all'arte non ancora "materiale" (processi creativi, eventi, documenti...).

METODO DI GESTIONE DELLE INFORMAZIONI:
È stato studiato affinché l'articolato sistema di fenomeni in evoluzione che caratterizza l'arte contemporanea sia visibile da più angolazioni, esplorabile malgrado la velocità delle sue mutazioni e la grande quantità di proposte ed iniziative che ne costituiscono la dinamica.
UnDo è un'operazione d'arte progettata per raccogliere tutte le informazioni possibili sull'arte contemporanea per monitorarne e documentarne i processi di produzione e di fruizione per mettere in relazione in modo organico e flessibile tutti questi dati fra loro.

PUNTI DI FORZA
Innovativo e sperimentale uso della tecnologia.
Originalità e creatività progettuale.
Creazione di forti linguaggi multimediali.
Ideazione di concetti online basati su modelli di partecipazione e grande interattività.
Sperimentazione.
Collaborazioni mirate con associazioni, enti, artisti, critici, fondazioni, editori, accademie.

OBIETTIVI
Utilizzare il web per creare nuovi modi di fare arte.
Utilizzare il web per creare nuovi modi di fruire l'arte.
Utilizzare il Web come mezzo di espressione.
Utilizzare il Web come laboratorio di ricerca.

PAOLA DI BELLO -  VIDEO ROM , 1999.

Video Rom cerca di raccontare un'esperienza che rimane sempre comunque inenarrabile. Non intende offrire interpretazioni ma mostrare soltanto "cose" - oggetti, luoghi, volti che  prendono parte  a una vicenda umana.
L'idea da cui è nato questo lavoro è stata quella di fare da "ponte" - mediante uno scambio fotografico - tra alcuni zingari che vivono a Milano e i loro parenti rimasti a casa in Romania. Per questo abbiamo preso contatto, in un parcheggio vicino al Cimitero Maggiore, alla periferia di Milano, con una comunità Rom proveniente da Costei, cittadina di campagna vicino a Timisoara. Con il loro consenso li abbiamo fotografati e abbiamo portato i ritratti ai loro familiari a Costei. Qui abbiamo ripetuto la medesima operazione, fotografando i componenti della comunità e riportando i loro ritratti nuovamente a Milano.
Il video documenta il duplice scambio di fotografie, affiancando le immagini girate a Milano e quelle girate a Costei. Tale parallelismo non è soltanto una modalità della rappresentazione: riguarda la realtà stessa dei luoghi. Dallo specifico punto di vista dei Rom, Milano  assomiglia a  Costei. Tale "scoperta" ha valore tanto locale che generale. Ciò che risulta modificato infatti sono assai meno le modalità di vita dei Rom a contatto con la "civiltà occidentale", che non le periferie delle grandi città a contatto con queste. I luoghi fisici ai margini delle metropoli nelle quali abitiamo e di cui ci sentiamo "padroni" si rivelano così non soltanto modificati ma addirittura  determinati  dalla presenza di zingari ed extracomunitari (ovverosia proprio di coloro che comunemente vi si ritengono "estranei") - a un punto tale che certi luoghi sono ormai comprensibili esclusivamente alla luce di questi.
Abbiamo imparato molto di più in Romania delle periferie di Milano che non vivendovi quotidianamente a contatto.

SALVATORE FALCI,  SILENT COMMUNICATION , KELLERBERRIN, PERTH, AUSTRALIA, 1998

Nel 1998 con i finanziamenti del governo locale ho vissuto per tre mesi in Australia, a Kellerberrin, al confine con la riserva indigena tra la città di Perth e le grandi fattorie, in un territorio abitato dal 30% di aborigeni e dal 70% di anglosassoni. Il Governo finanzia progetti che contribuiscono, anche attraverso l'arte, all'integrazione sociale. Dopo le prime azioni di relazione (soprattutto con gli aborigeni è stato difficile, ed ho dovuto aspettare che subentrasse un'amicizia e disponibilità reciproca) ho realizzato  Silent Communication . Una volta diventato separatamente amico degli uni e degli altri, li ho fatti sedere in un set video, allestito nei loro ambienti quotidiani, a guardarsi negli occhi in silenzio per due minuti. Oggi David e Margareth sono amici, non solo loro e non solo questo.

CESARE PIETROIUSTI -  ZAGAROLO - GALLICANO - S. CESAREO - ZAGAROLO 28 AGOSTO - 18 SETTEMBRE 1998

Organizzare in un certo posto un percorso (con pullman e guida turistica che illustra i luoghi) attraverso zone periferiche fuori dagli usuali circuiti turistici. Studiare dettagliatamente le caratteristiche dei luoghi per i quali si passa. Quando è stata fatta la strada, chi è l'architetto che ha progettato il palazzo, chi vi ha vissuto, per che cosa è stato usato quel determinato locale, cosa è successo di rilevante (fatti di cronaca, o eventi statisticamente interessanti) e che cosa sta succedendo attualmente in tali luoghi. Trattare il luogo e organizzare la visita turistica con le stesse modalità usate per visitare e illustrare i luoghi monumentali (1997).
Ho realizzato questo progetto per la mostra  Stradarolo '98 - arte e spettacolo sulle vie dei pendolari (18-19-20 settembre 1998) che si è svolta in diversi siti a Genazzano e Zagarolo (Roma), sul percorso stradale fra i due paesi (e paesi limitrofi), nonché sugli autobus di linea Cotral lungo lo stesso percorso.
Il mio intervento si è svolto su alcuni degli autobus ed è consistito in una guida a 13 luoghi "qualunque" individuati lungo il tratto Zagarolo-Gallicano-San Cesareo-Zagarolo, con le relative storie, tratte da racconti di numerose persone del posto, senza la cui collaborazione questo progetto non si sarebbe attuato.
La disponibilità delle persone che ho incontrato - fra il 28 agosto e il 18 settembre 1998 - non si è manifestata soltanto nel raccontarmi ciò di cui erano a conoscenza, ma anche nell'indicarmi altre persone che, su qualche argomento specifico, fossero ritenute a loro volta più "competenti", ovvero in possesso di conoscenze (possesso di dati, ricordi personali, storie raccontate da altri ecc.) non altrimenti accessibili.
Le conoscenze individuali qualunque, e il percorso "a diramazione" (fra una certa persona e un'altra indicata dalla prima perché "ne sa di più", e così via) nella ricostruzione di storie e avvenimenti, sono, a mio avviso e nella mia esperienza, i temi di questo lavoro.
Luoghi individuati (e storie relative): Il tunnel di via del Formale; Il campo sportivo e la squadra di pallavolo; Il depuratore inattivo; Il deposito di materiale bellico; L'incrocio della pompa abbandonata; Il pratino conviviale; I soprannomi dei buccalitti; Il meccanico contestato; S. Cesareo comune!; Il ripostiglio di Augusto; Il bosco dell'amore e dell'ergastolano; I tordi matti.

I soprannomi dei "Buccalitti"
Non è chiaro il motivo, ma gli abitanti di Zagarolo chiamano quelli di Gallicano "Buccalitti" (derivazione da boccale, o da boccone? Quindi o legato al bere, o al mangiare, o alla credulità). Peraltro, a Gallicano qualcuno mi ha detto che i gallicanesi restituiscono agli zagarolesi il medesimo soprannome, appena mutato in "Buccaletti".
A Gallicano, comunque, fra loro si chiamano tutti con un qualche soprannome. Al Bar dello Sport, noto in paese come il bar di Boccio e Pisello (i soprannomi dei due gestori soci in affari), la moglie di Boccio mi ha detto che è normale chiamarsi con il soprannome e che sul quaderno dei crediti dove lei segna le consumazioni di chi non paga lì per lì, tutti sono indicati con il soprannome. C'è "fontana", "gabbiano", "giuliètt", svazzer", gargiulo, pollarino, bellapalla, ecc. (ma nella zona il soprannome considerato più curioso è dello zagarolese Lorenzino "cazzubenignu").
I soprannomi dei padri ricadono sui figli. I due figli della signora del bar si chiamano Boccetto e Boccetta (sono i figli di Boccio). Il bar a poca distanza, Bar della Piazza o da Tonino è più noto come il bar di Mozzò perchè il barista - all'epoca compagno di scuola della moglie di Boccio - si mangiava le unghie.
Un altro bar, aperto da poco da qualcuno che viene da fuori, è privo di soprannomi.
Anche il panettiere sulla strada principale di Gallicano è noto come Boccio.