Marco Papa, Dancing on the Verge - Ouverture

8 - 11 ottobre 2003
a cura di Milovan Farronato


Dancing on the Verge è un work in progress che si concluderà in una installazione performativa: un set cinematografico, un ambiente in continua trasformazione e ridefinizione all’interno del quale la nota icona del serial televisivo Saranno FamosiGene Anthony Ray, alias Leroy Johnson, eseguirà una serie di performance. Installazione, dipinto, un’apparente scultura, il tutto ripreso da una troupe dalla presenza performativa che realizza un video inteso come sintesi e compimento di un’opera totale, capace di coinvolgere differenti media all’interno di un progetto unitario. Il set in cui l’attore è chiamato a esibirsi è un immenso trompe l’oeil, un luogo integralmente dipinto attraverso graffite e pigmenti dai colori sempre freschi, un ambiente fittizio in grado di sfidare per verosomiglianza la realtà stessa. Il lavoro riflette sul confine tra realtà e finzione, arte e spettacolo, e si domanda se l’arte possa realmente offrire una possibilità di riscatto a un talento dimenticato.

Il progetto è iniziato un anno fa con un annuncio rivolto a Gene Anthony Ray pubblicato su “tema celeste” all’interno del quale si richiedeva la sua collaborazione. Ritrovato il ballerino in un quartiere di Harlem, e verificate le sue precarie condizioni di salute, il lavoro ha subito nel corso del tempo significativi e strutturali cambiamenti — parti integranti di una sceneggiatura che ne segue gli imprevedibili avvenimenti ripresi nel documentario Sweet Gene dal filmmaker Duccio Fabbri. È quindi divenuto necessario, al fine di finanziare l’intero progetto e costruire la concreta riabilitazione fisica e psicologica del suo protagonista — obbiettivo principale del lavoro — programmare eventi preliminari dotati della stessa struttura.

Dancing on the Verge è quindi anticipata da una serie di eventi che avranno come sede, oltre a Milano, Londra, Berlino e Atene. In ognuna di queste occasioni, si riflette su un singolo aspetto messo in luce dall'intero progetto e, all'interno di un ambiente ricreato su misura, verrà presentato un prototipo appartenente alla nuova linea Dancing on the Verge, gadget destinato a pubblicizzare e produrre il progetto e a entrare in produzione e distribuzione: un indumento, una bibita energetica, un anello — elementi utili alla rinascita dell'eroe caduto in disgrazia e simboli di altrettanti stati emotivi.

Presso lo spazio Viafarini viene presentato l’8 ottobre l’intero progetto attraverso l’esposizione di disegni e di un’installazione che mostra i prototipi della linea Dancing on the Verge. In mostra è inoltre presente un trailer di Sweet Gene, in cui vengono trasmessi i frammenti inziali di questa vicenda.


Successivamente sarà ospitata la “prima parte” del progetto. In questo primo intervento Marco Papa invita l'osservatore a entrare all'interno di un'installazione ambientale, un luogo difficilmente riconoscibile che ha le fattezze di uno show room, ma di cui non è immediatamente chiaro il prodotto esposto. L'installazione lo accoglie al buio e gli deposita tracce e impronte. Integralmente ricoperto di nero, lo spazio è dotato di una tenue illuminazione concentrata su alcuni dettagli: la percorribilità sarà difficoltosa, si sperimenteranno la precarietà del percorso, l'assenza di certezze, la mancanza di appigli e la possibilità di imbattersi in improvvisi ostacoli — una situazione simile all'improvvisa perdita d'equilibrio, al camminare su una fune tesa dove eguale importanza viene data al mantenimento del bilanciamento e alla caduta libera.

Sull'ingresso dello spazio espositivo è impresso un profilo che esce dal nero, la sagoma non identificabile di un talento sprecato, Gene Anthony Ray, e ora esempio emblematico per analizzare l'idea di fallimento e rinascita a cui e dedicato l'intero progetto. Ad accompagnare lo spettatore all'interno dello spazio sono hostess-commesse dalla valenza performativa che, come guide, lo conducono verso la "merce" esposta. Un camerino, luogo nel luogo, consente al visitatore di riconoscere e indossare ciò che prima non riusciva a decifrare, e verificare sui propri abiti il segno del precedente transito nel buio. La situazione all'interno di questo secondo luogo è completamente ribaltata. Si tratta di uno spazio in reverse dove l’illuminazione è abbagliante, la superficie interna costituita da specchi che riportano l'immagine polarizzata della sagoma iniziale e la musica, precedentemente incomprensibile, quasi ovattata, ora leggibile. Si è raggiunta una nuova consapevolezza cognitiva ed estetica che consente di affrontare il percorso a ritroso, di tornare sui propri passi con un mutato atteggiamento.

L'immagine leitmotiv del ballerino impressa sull'ingresso, nel camerino e sullo stesso indumento verrà trasmessa a intermittenza nei giorni precedenti l'inaugurazione sui maxischermi pubblicitari della metropolitana milanese.

La seconda tappa avrà luogo presso la galleria VTO di Londra il prossimo gennaio.

Marco Papa, Dancing on the Verge - Ouverture

8 - 11 ottobre 2003
a cura di Milovan Farronato


Dancing on the Verge è un work in progress che si concluderà in una installazione performativa: un set cinematografico, un ambiente in continua trasformazione e ridefinizione all’interno del quale la nota icona del serial televisivo Saranno FamosiGene Anthony Ray, alias Leroy Johnson, eseguirà una serie di performance. Installazione, dipinto, un’apparente scultura, il tutto ripreso da una troupe dalla presenza performativa che realizza un video inteso come sintesi e compimento di un’opera totale, capace di coinvolgere differenti media all’interno di un progetto unitario. Il set in cui l’attore è chiamato a esibirsi è un immenso trompe l’oeil, un luogo integralmente dipinto attraverso graffite e pigmenti dai colori sempre freschi, un ambiente fittizio in grado di sfidare per verosomiglianza la realtà stessa. Il lavoro riflette sul confine tra realtà e finzione, arte e spettacolo, e si domanda se l’arte possa realmente offrire una possibilità di riscatto a un talento dimenticato.

Il progetto è iniziato un anno fa con un annuncio rivolto a Gene Anthony Ray pubblicato su “tema celeste” all’interno del quale si richiedeva la sua collaborazione. Ritrovato il ballerino in un quartiere di Harlem, e verificate le sue precarie condizioni di salute, il lavoro ha subito nel corso del tempo significativi e strutturali cambiamenti — parti integranti di una sceneggiatura che ne segue gli imprevedibili avvenimenti ripresi nel documentario Sweet Gene dal filmmaker Duccio Fabbri. È quindi divenuto necessario, al fine di finanziare l’intero progetto e costruire la concreta riabilitazione fisica e psicologica del suo protagonista — obbiettivo principale del lavoro — programmare eventi preliminari dotati della stessa struttura.

Dancing on the Verge è quindi anticipata da una serie di eventi che avranno come sede, oltre a Milano, Londra, Berlino e Atene. In ognuna di queste occasioni, si riflette su un singolo aspetto messo in luce dall'intero progetto e, all'interno di un ambiente ricreato su misura, verrà presentato un prototipo appartenente alla nuova linea Dancing on the Verge, gadget destinato a pubblicizzare e produrre il progetto e a entrare in produzione e distribuzione: un indumento, una bibita energetica, un anello — elementi utili alla rinascita dell'eroe caduto in disgrazia e simboli di altrettanti stati emotivi.

Presso lo spazio Viafarini viene presentato l’8 ottobre l’intero progetto attraverso l’esposizione di disegni e di un’installazione che mostra i prototipi della linea Dancing on the Verge. In mostra è inoltre presente un trailer di Sweet Gene, in cui vengono trasmessi i frammenti inziali di questa vicenda.


Successivamente sarà ospitata la “prima parte” del progetto. In questo primo intervento Marco Papa invita l'osservatore a entrare all'interno di un'installazione ambientale, un luogo difficilmente riconoscibile che ha le fattezze di uno show room, ma di cui non è immediatamente chiaro il prodotto esposto. L'installazione lo accoglie al buio e gli deposita tracce e impronte. Integralmente ricoperto di nero, lo spazio è dotato di una tenue illuminazione concentrata su alcuni dettagli: la percorribilità sarà difficoltosa, si sperimenteranno la precarietà del percorso, l'assenza di certezze, la mancanza di appigli e la possibilità di imbattersi in improvvisi ostacoli — una situazione simile all'improvvisa perdita d'equilibrio, al camminare su una fune tesa dove eguale importanza viene data al mantenimento del bilanciamento e alla caduta libera.

Sull'ingresso dello spazio espositivo è impresso un profilo che esce dal nero, la sagoma non identificabile di un talento sprecato, Gene Anthony Ray, e ora esempio emblematico per analizzare l'idea di fallimento e rinascita a cui e dedicato l'intero progetto. Ad accompagnare lo spettatore all'interno dello spazio sono hostess-commesse dalla valenza performativa che, come guide, lo conducono verso la "merce" esposta. Un camerino, luogo nel luogo, consente al visitatore di riconoscere e indossare ciò che prima non riusciva a decifrare, e verificare sui propri abiti il segno del precedente transito nel buio. La situazione all'interno di questo secondo luogo è completamente ribaltata. Si tratta di uno spazio in reverse dove l’illuminazione è abbagliante, la superficie interna costituita da specchi che riportano l'immagine polarizzata della sagoma iniziale e la musica, precedentemente incomprensibile, quasi ovattata, ora leggibile. Si è raggiunta una nuova consapevolezza cognitiva ed estetica che consente di affrontare il percorso a ritroso, di tornare sui propri passi con un mutato atteggiamento.

L'immagine leitmotiv del ballerino impressa sull'ingresso, nel camerino e sullo stesso indumento verrà trasmessa a intermittenza nei giorni precedenti l'inaugurazione sui maxischermi pubblicitari della metropolitana milanese.

La seconda tappa avrà luogo presso la galleria VTO di Londra il prossimo gennaio.